Abstract

Are Syriza and Podemos populist on Facebook? An analysis of political communication of the first three months of 2016
Alessandro Albertini – Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

The aim of this paper is a detailed analysis of Political Communication on Facebook of “Podemos” and “Syriza”. I choose of studying in particular Facebook because it is the most used social network in the world, moreover Facebook fits with the adoption of communicative choices that are associated with the different definitions of populism, especially in comparison with other social media platforms such as Twitter.

In the first section of the paper I will introduce the main waves of thought about populism in literature, afterwards I will lead an empirical research where, firstly I will download the Facebook’s posts of “Podemos” and “Syriza” pages by using Netvizz. Thanks to Netvizz, it will be possible to automatically download all the posts published in the Facebook pages of “Podemos”. At a later stage every post will be manually coded and analyzed. The period of monitoring of these parties will come from January 2015 to March 2016. With regard to methodology of research, I use the Cas Mudde’s definition of populism for analyzing better this variable, in fact populist messages of the Facebook’s posts will be considered as the ones in which will be found out: i) an explicit attack to political, financial or bureaucratic elites; ii) a direct reference to and exaltation of the people and/or the “general will” of the people.

Finally, I will try to assess empirically to what extent these parties can be considered as “Inclusionary populist parties” with a small content analysis of the issues dealt with in the posts such as immigration, welfare, foreign policy etc.

Accountability 2.0: gli effetti della comunicazione difensiva diretta e indiretta
Mauro Bertolotti & Patrizia Catellani – Università Cattolica di Milano

Nuove tecnologie e social network consentono ai politici di comunicare con i propri elettori in modo sempre meno vincolato dalle strutture fornite dalle istituzioni, dai partiti e dal sistema dei media tradizionali. Questa comunicazione dis-intermediata fornisce ai politici la possibilità di utilizzare canali e linguaggi più vari e flessibili e utilizzare strategie persuasive finora poco sfruttate nel contesto politico. Alcune ricerche hanno già evidenziato come i politici usino le potenzialità della rete e dei social network per creare o sostenere campagne e per prendere di mira in modo non convenzionale i propri avversari. Un ambito per ora meno esplorato è invece quello della comunicazione difensiva. In che modo i politici rispondono a critiche e attacchi e difendono il proprio operato di fronte ai propri elettori-follower? Da un lato la comunicazione diretta garantisce ai politici maggiore libertà di organizzare ed argomentare le proprie difese. Dall’altro lato, però, anche i riceventi possono trarre più informazioni dalle difese utilizzate dai politici, formandosi così un’opinione di un politico a partire non solo da quello che dice, ma anche da come lo dice. In questo modo la comunicazione difensiva diventa, per i politici, non solo un modo per rendere conto del proprio operato e delle proprie decisioni, ma anche un modo per presentarsi agli elettori e influenzare le loro aspettative future. Ma quali tipi di comunicazione difensiva svolgono questa doppia funzione in modo efficace? E quali invece finiscono per essere controproducenti, mettendo il politico in una cattiva luce?

Attraverso una serie di studi sperimentali, abbiamo indagato l’efficacia di diverse strategie difensive utilizzate dai politici per rispondere alle critiche sul loro operato. In particolare, è stato creato uno scenario simulato nel quale venivano manipolati alcuni fattori che influenzano l’efficacia della comunicazione difensiva: da un lato il tipo di difesa e lo stile diretto o indiretto usato dal politico, dall’altro la relazione dei riceventi con il politico, in termini di fiducia e di vicinanza o lontananza ideologica. Successivamente sono stati misurati gli effetti di queste variabili sui giudizi espressi riguardo il politico, il suo operato e la sua comunicazione. Dai risultati è emersa una preferenza per la comunicazione difensiva indiretta che consente ai politici, in determinate condizioni, di spostare l’attenzione dai propri risultati reali a quelli che si sarebbero potuti ottenere altrimenti. La discussione approfondirà ulteriormente in che modo alcune caratteristiche individuali degli elettori possono influenzano la percezione dei politici che utilizzano queste strategie difensive.

La riforma della legge n. 28 del 2000: una chiave di lettura costituzionalmente orientata
Leonardo Bianchi

Il paper rende spunto dall’invocazione, ripetuta a più riprese dai Presidenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da diversi anni a questa parte, e da ultimo dall’attuale nel Discorso di presentazione della Relazione annuale al Parlamento 2016, della riforma della legge sulla par condicio elettorale e referendaria. Ci si propone un bilancio della legge in questione, ritenuta da Autorità ed osservatori di dubbia o scarsa efficacia, ed anzi, in una sorta di eterogenesi dei fini, produttiva dell’effetto perverso di inasprire gli animi nell’agone elettorale. Viene in evidenza la modifica, intervenuta in questi 16 anni, sia del contesto politico bipolare originario, sia del rilevantissimo aumento delle fonti di approvvigionamento di notizie e dati rispetto ai soli old media (televisione e stampa), soprattutto attraverso Internet, ma anche qui con la diffusione di tutta una serie di utilities che si prestano ad una considerazione articolata ed integrata anche sul piano giuridico – costituzionale, in primo luogo social network, ma anche blog. Nel contesto attuale, in cui nessun operatore istituzionale si assume la responsabilità politica della riforma, le inefficienze della legge determinano una sempre maggiore difficoltà nell’esercizio della delicatissima funzione di controllo e di quella collegata di sanzione. Uno dei profili da sottoporre a verifica dovrà riguardare, il rapporto tra regolazione del periodo non elettorale o referendario e regolazione del periodo in questione, su cui rileva, a valle delle pronunce della Corte costituzionale dei primi anni 2000, un recente orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato proprio sul grado di pluralismo nei notiziari nazionali e regionali, in ordine, sì, al dato quantitativo, ma anche all’agenda politica ed al dettaglio degli argomenti trattati, ed alle iniziative assunte dal soggetto politico nell’ambito dell’attività parlamentare e, più generalmente, politica, con riferimento al complesso dell’offerta formativa. Altro profilo investirà la resa delle tipologie di comunicazione disciplinate dalla legge 28 del 2000 (programmi di comunicazione politica e messaggi autogestiti), come pure la disciplina del rapporto tra comunicazione politica e comunicazione istituzionale e l’applicazione del principio di parità di trattamento dei soggetti politici nei programmi di informazione. Un ultimo profilo investirà la disciplina della diffusione dei sondaggi, il cui divieto, diretto ad evitare forme di comunicazione che possano chiaramente influenzare gli elettori ed incidere visibilmente, soprattutto negli ultimi giorni, sul comportamento degli indecisi, va sottoposto a verifica circa l’effettività della garanzia, affrontando il tema della regolazione della scientificità dei sondaggi, della comunicazione dei criteri e della modalità della loro predisposizione. Su questa base, il contributo vuole verificare, alla luce dell’esperienza maturata anche attraverso le risultanze dell’attività normativa dell’AGCOM e della CPIV e dei corrispondenti controlli – compreso il sistema di monitoraggio “MisuraInternet” -e sanzioni, l’idoneità della normativa vigente rispetto all’attuazione, alla luce anche del quadro del principio costituzionale di ragionevolezza, del diritto dell’elettore ad un’informazione equilibrata, ricavabile dal combinato disposto degli articoli 3, 21, 48 e 49 della Costituzione, come ricavato dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia. Nell’impostazione del contributo si avrà riguardo alle linee evolutive della legislazione degli altri Paesi europei, per verificare se e quali risultino essere le linee comuni emergenti.

Elezioni comunali a Milano: il ruolo di media e relazioni interpersonali nell’informazione degli elettori.
Valeria Bianchi

Il paper attraverso un’analisi della campagna elettorale e del voto comunale di Milano del 5 giugno 2016, intende studiare come la campagna elettorale, l’esposizione ai media e le relazioni interpersonali degli elettori influiscano sul trasferimento delle informazioni e sulla formazione delle opinioni politiche.

La ricezione e la rielaborazione dei contenuti della campagna da parte degli elettori appaiono legate ad una serie di variabili che riguardano tanto i messaggi politici quanto gli elettori e i loro modelli di informazione. Varie tipologie di comunicazione, in misura crescente personalizzata e personalizzabile, sono veicolate attraverso un sistema composto da arene non sempre ben distinte. Ai media tradizionali si affiancano i “nuovi” media, dando vita a nuovi spazi di discussione. Inoltre diversi modelli di trasmissione ed elaborazione di contenuti politici sembrano essere frutto della crescente interazione tra differenti fonti informative (media e relazioni personali) e diversi canali di discussione (offline e online) che, di volta in volta, assumono ruoli più o meno rilevanti.

Il paper grazie a dati raccolti attraverso una metodologia mista (dati relativi a un campione di circa 200 elettori milanesi nelle tre settimane precedenti il voto e nella settimana successiva alle elezioni raccolti attraverso web surveys, affiancati da dati sul media coverage e da alcune interviste agli elettori) indagherà le dinamiche e i processi di trasferimento delle informazioni politiche. A tal fine verrà studiata innanzitutto la relazione tra la percezione dei contenuti della campagna (temi, messaggi e visibilità dei candidati) e il loro effettivo coverage mediatico sui quotidiani e in televisione. Successivamente il profilo sociopolitico degli elettori, la loro dieta mediatica e il ruolo delle relazioni personali nella loro discussione e informazione politica verranno messi in relazione al fine di cercare di comprendere quanto e come le relazioni personali influiscano nel processo di trasferimento delle informazioni politico elettorali durante il periodo di campagna.

Referendum costituzionale e clima di opinione
Fabio Bordignon and Luigi Ceccarini – University of Urbino Carlo Bo – Italy

Il Referendum costituzionale, che si svolgerà nell’autunno 2016, rappresenta un importante giro di boa nella vita politica italiana. Avrà effetti sia sul piano interno, sul sistema politico e sull’architettura istituzionale, sia sul piano esterno, relativamente al sistema di relazioni con i partner internazionali.
Il paper si concentra sullo scenario nel quale si sviluppa il dibattito pubblico, monitorando gli orientamenti degli elettori rispetto alla consultazione referendaria.
Il Referendum, in un primo momento fortemente “personalizzato” dal premier Renzi, ha assunto, per questa ragione, una connotazione particolare, andando oltre il tentativo di rinnovare le istituzioni repubblicane. Si è configurato nella opinione pubblica e nella retorica comunicativa come un test (un referendum appunto) pro o contro il premier, di approvazione o di critica, verso la compagine di governo e verso il PD(R).

Il clima di opinione, nei mesi precedenti la consultazione popolare, ha risentito di una serie avvenimenti di diverso genere che definiscono il quadro entro il quale si è sviluppato il dibattito pubblico. A definire questo frame non sono solo elementi di lungo periodo legati alla crisi economica, che continua a rendere difficili le prospettive di componenti consistenti dei cittadini-elettori (es. i giovani e la disoccupazione ecc.). Vanno richiamati anche elementi di natura contingente, come la vicenda del terremoto nell’Italia centrale, che ha offerto come in passato opportunità all’esecutivo in carica di dimostrare la capacita di governare situazioni difficili. Oppure la crisi nel comune di Roma, che costituisce un’opportunità, e un rischio, per il M5s di presentarsi come forza governo – non solo di una città importante ma del paese stesso – e proporre una leadership alternativa di governo.
L’avvio di una nuova “era” segnata dalla leadership di Renzi (e dalla logica del renzismo) ha dunque nel Referendum costituzionale un passaggio fondamentale. Potrebbe sancire definitivamente l’entrata in quella che vari osservatori hanno definito come terza fase della storia politica repubblicana: la Terza repubblica.

Il paper, a partire dalla definizione del quadro politico più generale e dal significato del Referendum nella vita istituzionale del paese, si concentra su due aspetti principali:
a) i risultati di questa consultazione popolare e il profilo degli elettori, sia in termini sociografici sia di orientamento e cultura politica;
b) sul come il referendum è stato interpretato dall’opinione pubblica, dai vari segmenti dell’elettorato e come, nel corso del dibattito e della campagna, il fronte del Si, del No e degli indecisi/astenuti ha mutato il suo profilo.

A tal fine, il paper si basa su una molteplicità di fonti di informative: 1) dati relativi al coverage del Referendum nei media nei mesi precedenti la consultazione; 2) dati di sondaggio ripetuti nel tempo (su campioni rappresentativi degli elettori italiani); 3) avvenimenti sociali e politici riportati dai media (terremoto, vicende in Campidoglio, ecc.).
Il paper intende ricostruire in modo longitudinale un parallelo tra fatti politici e orientamenti del clima di opinione, arrivando in conclusione a ragionare sull’esito della consultazione e sulle possibili conseguenze sul piano politico.

Lo stile comunicativo dei leader politici italiani: strategie elettorali su Twitter
Roberta Bracciale e Antonio Martella – Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Pisa

Gli appuntamenti elettorali degli ultimi mesi hanno sollecitato i politici alla messa a punto di strategie comunicative finalizzate alla mobilitazione elettorale e al sostegno delle proprie posizioni. Tali strategie, in un contesto ridisegnato da processi di personalizzazione sempre più radicalizzati, sono sempre più dipendenti dalla figura del leader di partito che ormai si rivolge, senza intermediari, al “suo pubblico”.
Lo stile comunicativo del leader può essere studiato focalizzandosi su due elementi chiave (Campus, 2016): da un lato, il modo in cui decide di appellarsi al popolo (strategia del going public, Kernell 2007); dall’altro, in che misura sceglie di rendere la sua vita privata parte della sua azione politica pubblica (popolarizzazione della politica; Mazzoleni, Sfardini, 2009).
In questo scenario, i social media rappresentano un nuovo banco di prova per le strategie comunicative perché offrono ai leader sia l’opportunità di gestire il rapporto con la costituency in maniera diretta, raggiungendo pubblici indifferenziati e disintermediando il tradizionale ruolo dei giornalisti (Mancini, 2015); sia la possibilità di condividere contenuti personali e dettagli legati alla propria vita privata attraverso l’annullamento della distanza che limitava le occasioni di interazione diretta con i cittadini (Bentivegna, 2015).

Twitter, per le sue caratteristiche, appare come il luogo ideale in cui possono essere rintracciate entrambe queste dinamiche. Infatti, le conversazioni che avvengono nella piattaforma spesso finiscono con l’influenzare la copertura delle news da parte dei media mainstream (Bruns, Burgess, 2011), giocando un ruolo centrale nei processi di ibridazione e nella ridefinizione del ciclo tradizionale della comunicazione politica (Chadwick, 2013). I tweet possono così diffondersi aldilà del circolo ristretto dei propri follower, grazie alla natura asimmetrica e pubblica della piattaforma, trasformandosi così in una versione digitale dei soundbite.
A partire da queste considerazioni, si possono individuare alcune domande di ricerca finalizzate a mappare gli specifici stili comunicativi adottati dai leader per verificare se le loro strategie comunicative — pur in un’epoca di «campagna permanente» (Blumenthal, 1980) — differiscono a seconda della prossimità con gli appuntamenti elettorali.

Nello specifico, la ricerca intende indagare:
˗ RQ1. Quali sono gli stili comunicativi che caratterizzano la presenza on line dei diversi leader?
˗ RQ2. Come si modificano le tweeting habit dei leader in prossimità di occasioni centrali nell’agenda pubblica (es. reply)?
˗ RQ3. L’adozione di uno specifico stile è in grado di favorire un maggior successo nella piattaforma (es. retweet e favorite)?

Metodologia
L’indagine sugli stili comunicativi verrà effettuata attraverso l’analisi delle timeline dei maggiori leader politici italiani (Matteo Salvini, Beppe Grillo, Matteo Renzi, Giorgia Meloni, Nichi Vendola), dal 1 gennaio 2015 fino al 31 giugno 2016. Questo arco di tempo permetterà di confrontare numerosi appuntamenti che hanno interessato l’agenda pubblica, tra i quali le elezioni regionali del 2015; le elezioni comunali del 2016; il referendum sulle trivelle del 2016; l’approvazione del Ddl Cirinnà del 2016.
I dati saranno trattati secondo un «approccio ibrido» (Lewis, Zamith, Hermida, 2013) in cui i metadati vengono elaborati usando tecniche computazionali, mentre i contenuti sono analizzati dai ricercatori con una scheda formalizzata di analisi del contenuto.

Le elezioni amministrative 2016 tra retorica populista e strategie leaderiste
Giovanni Brancato, Christian Ruggiero, Melissa Stolfi – Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, Sapienza Università di Roma

Le elezioni amministrative vengono usualmente utilizzate come “test”, in un’ottica di campagna permanente (Blumenthal, 1980) che, specie nel nostro Paese, predilige la dimensione nazionale per temi, personaggi e strategie (Roncarolo, 2008). Ma l’importanza delle elezioni amministrative tenutesi a giugno 2016 è magnificata dal precario equilibrio politico che le ultime elezioni politiche hanno lasciato sul campo (Diamanti, 2013; Morcellini, Antenore, Ruggiero, 2013): un MoVimento 5 Stelle in lotta per confermare il più che lusinghiero risultato delle urne; un Partito Democratico risollevato dalla figura e dall’opera di Matteo Renzi, ma che sembra sentire ogni sfida in cui il leader non possa (tecnicamente) spendersi in prima persona come una grave prova di affidabilità; un centrodestra che sperimenta per la prima volta dopo l’era Berlusconi una situazione di divisione e ricerca di leadership. Da questa breve introduzione emergono le parole-chiave attraverso cui può essere letta la campagna elettorale per le amministrative 2016: da un lato il populismo, apparentemente tratto identificante e forse vincente della strategia nazionale e locale del MoVimento 5 Stelle (Tarchi, 2015; Biorcio, 2015); dall’altra la leadership, che nel passaggio da Berlusconi a Renzi e nelle nuove sfide che i partiti “tradizionali” devono affrontare trova la ragione di nuove e più avanzate elaborazioni (Campus, 2016; Calise, 2016).

Il paper intende analizzare la macro-campagna 2016 attraverso le strategie comunicative messe in campo per le sfide di Roma, Milano e Napoli. Considerando la permanente importanza del mezzo televisivo, e specialmente dell’arena del talk show, nella definizione dell’agenda e dell’immagine dei candidati (Novelli, 2016; Ruggiero, 2014), sono state individuate tutte le presenze dei maggiori candidati a Sindaco (Fassina, Giachetti, Marchini, Meloni e Raggi per Roma; Corrado, Parisi e Sala per Milano; De Magistris, Lettieri e Valente per Napoli) nelle trasmissioni televisive di approfondimento e di infotainment delle sette reti generaliste (Agorà, Ballarò, Bersaglio Mobile, Che tempo che fa, Coffee Break, diMartedì, Domenica Live, In mezz’ora, L’aria che tira, La Gabbia, La telefonata di Belpietro, Matrix, Mattino Cinque, Omnibus, Otto e mezzo, Piazza Pulita, Pomeriggio Cinque, Porta a Porta, Quinta Colonna, Tagadà). In continuità con un approccio già sperimentato per l’analisi di 10 anni di elezioni europee (Ruggiero, 2015) i testi degli speeches dei candidati sono stati sottoposti ad analisi linguistica e del discorso, allo scopo di individuare elementi che, per ricorrenza di determinati termini-chiave o utilizzo di specifiche strategie discorsive, potessero rimandare alle dimensioni della personalizzazione e della leadership (Karvonen, 2010; McAllister, 2007), e dell’utilizzo di retoriche populiste (Taguieff, 2003; Bobba, McDonnell, 2016).

I primi risultati rivelano elementi di grande interesse: la diversa articolazione della retorica populista in Raggi e Meloni (Brancato, Ruggiero, Stolfi, 2016); il ritorno della dimensione “privatistica” della politica (Prospero, 2003) incarnata dai leader-imprenditori Sala e Parisi; la sfida di una leadership radicalmente personalizzata e quasi “anti-partito” come quella di De Magistris, che si pone quale “terzo polo” rispetto ai candidati delle due maggiori aree politiche. L’insieme di queste risultanze potranno restituire un quadro sufficientemente chiaro dei mutamenti che stanno attraversando la politica italiana contemporanea.

Dalla campagna del candidato a quella del partito: il caso Milano
Marco M.Cacciotto

Nelle elezioni amministrative la maggior parte della copertura giornalista e delle analisi si sofferma sulla campagna dei candidati a sindaco o a presidente.
Poca attenzione viene posta all’attività dei partiti, sia che si tratti di campagne vere e proprie sia che si tratti di un apporto organizzativo. Un caso significativo è costituito dalle elezioni amministrative 2016 a Milano dove il Partito Democratico ha condotto una campagna specifica di affissioni partita ancora prima di quella del candidato di coalizione Sala e ha dato l’infrastruttura organizzativa (volontari, database, ecc.) che è probabilmente risultata decisiva nelle due settimane di ballottaggio. Quali sono le differenze per un consulente politico nella creazione e organizzazione di una campagna elettorale per un partito o per un candidato? Quanto è importante la coerenza con la campagna del candidato? Quale può essere il peso della campagne dei partiti/liste? L’obiettivo del paper è di rispondere a queste domande senza dimenticare l’analisi dell’approccio metodologico e del ruolo svolto dai consulenti esterni. Riferimento centrale dell’analisi saranno le elezioni comunali 2016 a Milano poste a confrontato anche con altre campagne come quella della Lega Nord e della lista Maroni Presidente nelle elezioni regionali lombarde del 2013.

Celebrity and intimate politics as available resources for leadership image-building: the case of Marine Le Pen
Donatella Campus – University of Bologna

While there is an open and lively debate on whether the Front National has truly changed its views and policy stances in the last years, it is commonly assumed that Marine LePen has promoted a renewal of the image of her party through an effective “packaging” of her own image as a leader.

The paper will discuss the controversial issue of “dédiabolisation” of the FN by analysing the communicative strategies of Marine Le Pen. In particular, it will focus on the phenomena of personalization and “celebrity politics” and their impact in the case of her leadership. As a matter of fact, following James Stanyer’s definition (2012), the so-called “intimate politics” has played a role in Le Pen’s presentation of herself as a modern woman with a family and all the concerns of the common people. With the view of running as a presidential candidate Le Pen has just launched a campaign of electoral posters with the slogan “La France Apaisée”, which can be regarded as the ultimate display of such a long-term communication strategy. The paper will also discuss whether and how far the communication strategy of Marine Le Pen has been influenced by the “gender factor”.

The paper will be based on a review of the existing literature and on the analysis of the coverage of Marine Le Pen in the popular press. Some gossip and women’s biggest-selling magazines will be selected and analysed. The paper will also examine and discuss the use of some Internet resources, such as Le Pen’s website and her twitter account.

Regolazione pubblica, nuovi media e attori privati: quali regole per la ricerca del consenso elettorale? Marina Caporale – Università di Bologna

In occasione delle varie tornate elettorali e nel dibattito pubblico sembra mancare una ponderata riflessione sullo stato attuale della regolazione delle campagne elettorali tra vecchi e nuovi media e sulle necessità emergenti per i necessari, futuri, approcci regolativi. Questa riflessione sembra necessaria alla luce dell’andamento delle più recenti campagne elettorali e anche per quelle future, eventualmente condizionate dalle riforme, anche costituzionali, in corso. Appare chiaro che la legge 28/2000 – dedicata quasi esclusivamente al sistema radiotelevisivo e che non contempla in nessuna dimensione il fenomeno, allora già noto, di internet – non possa costituire uno strumento efficace per presidiare i diritti in gioco e per un’adeguata regolazione dei media.
L’impatto che l’informazione televisiva ha ancora oggi ha sull’informazione e sulle scelte degli elettori italiani (e non solo), reclama una regolazione del mezzo radiotelevisivo e della comunicazione politica ed elettorale, che tenga però conto che il sistema radiotelevisivo è significativamente cambiato nel corso degli ultimi anni. Non può nemmeno essere trascurato il ruolo di alcuni fornitori di servizi internet ed il rapporto e contatto che hanno con i loto utenti.

Ci si muove tra una necessità di regolazione pubblicistica per i media tradizionali, che pure hanno conosciuto straordinari cambiamenti, e una prevalente regolazione dei rapporti con i singoli utenti, di natura essenzialmente privatistica, tra i grandi operatori di servizi in internet, i quali possono disporre e gestire in modo diverso, non per questo meno incisivo, il rapporto con gli utenti e con i soggetti terzi cui possono cedere questi dati e giocare un ruolo fondamentale nella ricerca del consenso elettorale. Si pensi solo al possibile uso dei big data riguardanti le abitudini e gli orientamenti degli utenti da parte dei fornitori di servizi internet e quindi di larga parte degli elettori.

Non per caso l’unico recente intervento di disciplina delle campagne elettorali, al di là dei regolamenti dell’AGCom e della Commissione di vigilanza Rai, è costituito da un Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali (Provvedimento in materia di trattamento di dati presso i partiti politici e di esonero dall’informativa per fini di propaganda elettorale – 6 marzo 2014, in G.U. n. 71 del 26 marzo 2014) che però si è fermato ai rapporti con cittadini, simpatizzanti in una prospettiva di contatto diretto tra soggetti politici e elettori, e non ha toccato tutti gli aspetti sensibili su cui, in tempi recentissimi è intervenuto anche un Regolamento dell’Unione europea (Reg.(UE)679/2016).
In un sistema dei media e dell’informazione totalmente travolto dalle innovazioni degli ultimi 20 anni, il bilanciamento dei diritti in gioco avviene in misura crescente grazie al consenso espresso dagli utenti al trattamento dei propri dati personali. Certo, tale consenso deve essere richiesto ed espresso in coerenza con la normativa Ue e nazionale in materia di tutela dei dati personali, ma i rapporti one-to-many (possibili ovviamente anche attraverso i nuovi media) sono incalzati dai rapporti one-to-one, di conoscenza diretta delle abitudini dell’utente, che i nuovi sistemi garantiscono. Il potere del singolo di negare il consenso appare debole rispetto all’attrattiva costituita dai servizi forniti spesso gratuitamente.

Le opinioni (degli analisti) sono opinioni? Indagine tra i giovani professionisti della comunicazione politica sulla campagna elettorale in Italia nel 2016.
Davide Policastro e Martina Carone– Quorum sas

Le elezioni amministrative del 2016 sono state considerate da molti uno spartiacque nella storia politica contemporanea italiana; tra i motivi, l’importanza dei comuni chiamati al voto, il periodo storico-politico in cui sono si sono svolte, la vicinanza a due grandi appuntamenti referendari.
Sono, inoltre, le elezioni in cui si è potuto osservare, per la prima volta in Italia, l’uso – ad ogni livello della competizione e da parte di ogni attore politico in campo – delle più recenti tecniche di comunicazione politica.
Tra queste, una continua e massiccia personalizzazione delle campagne elettorali, un uso diffuso e trasversale dei social network e una grande attenzione al livello di efficacia comunicativa dei contenuti mediali, sia online che offline. È emersa, in modo preponderante rispetto al passato, un’attenzione mediatica rilevante alle figure professionali che ruotano intorno al momento elettorale: si è infatti parlato diffusamente di spin-doctor, di agenzie di comunicazione politica, di professionisti del campo e di tecniche di mobilitazione, anche grazie alla spinta data dall’assunzione da parte del Partito Democratico del consulente obamiano Jim Messina.

L’attenzione che i media stessi dedicano alla comunicazione politico elettorale è sensibilmente aumentata, così come le opinioni e il dibattito in merito; sempre più, ad esempio, ci si è chiesti se le campagne elettorali “spostassero voti”, ottenendo risposte diverse e tuttora oggetto di discussione.
L’analisi presentata, grazie ad una ricerca effettuata su un campione di rilievo tra studenti e giovani professionisti del mondo della comunicazione politica, si propone l’obiettivo di creare ipotesi e trovare correlazioni tra l’efficacia comunicativa delle principali campagne elettorali e i risultati elettorali raggiunti.
Tramite questa indagine si cercherà di verificare se, a prevalere, siano stati i candidati che hanno saputo comunicarsi come portatori di un “valore aggiunto” in questo ambito e che, forti di questa caratteristica, hanno saputo raccogliere attorno a sé un consenso trasversale ed unitario.

E-campaign and the slow parade of the 2016 Italian constitutional referendum: a comparison between the twittersphere and the informed twittersphere
Andrea Ceron e Sergio Splendore – Università Statale di Milano

Despite the slow decision about the date of the “Constitutional referendum” that will take place in Italy in the Winter 2016, the campaign lasted several months (starting immediately when the Constitutional Reform was approved by the Parliament). As such, a large amount of comments has been written to debate about this issue in the Twittersphere.
This paper examines the sentiment expressed on Twitter in the 8 months between the start of the campaign and the election date. First, through supervised sentiment analysis, we analyse the voting intentions expressed on Twitter. Second, we investigate the variation in the online sentiment putting it into relation with the occurrence of several events (amongst the others, the remarks raised by the U.S. ambassador or Renzi’s decision to personalize and later de-personalize the issue). Finally, we have also exploited the concept of Social TV (i.e., the practice of watching television while commenting online) to investigate similarities and differences in terms of sentiment between the informed twittersphere (the one that follows and comments on political TV shows such as Porta a Porta, Politics, Matrix, Quinta Colonna, Servizio Pubblico, La Gabbia Open, Piazza Pulita and DiMartedì) and those that discuss about the referendum without making reference to the content of political talk shows. This will allow us to assess to what extent these two populations express a similar degree of sentiment toward the referendum and to evaluate whether the informed twittersphere can act as an influencer and a trend-setter, able to shape or to anticipate the opinions of larger audiences.

Different populisms in Italy: an empirical analysis of the populist parties’ communication and populist voters in the 2014 European Parliament Election
Cristina Cremonesi – Università degli Studi di Pavia

In recent years populist parties have been experiencing a renewed electoral success in many European countries. However, the reasons that motivate a voter to cast a ballot for a populist party are still unclear: do voters support populist parties because they are persuaded by the ideas conveyed by these parties’ communication? Or does the populist vote correspond to a protest action against traditional parties? Which characteristics do the supporters of different populist parties have in common? And which are peculiar according to their vote choice? Do their media diets matter?
Looking at the Italian case in the occasion of the 2014 European Parliament election can be an important starting point to make some clarifications in this regard.
Given the populist parties’ success at the 2013 Elections and the spread of Eurosceptic attitudes among Italian voters, the populist forces were expected to triumph in Italy also in 2014. Surprisingly it didn’t happen but, on the contrary, the traditional Partito Democratico (PD) received 40% of votes, its best result ever. It can be explained by the fact that the EP elections came shortly after that Matteo Renzi became both the new PD Secretary and the head of the Italian Government – a coalition of left and right parties built after the uncertain result of the 2013 election. The European elections have been framed – and perceived by the voters – as a referendum towards the Government led by him. In this way, Renzi, who managed to present himself as the Homo Novus of the Italian political scene, obtained a huge electoral success, holding the votes of the centre-left and taking a significant amount of votes – as previous studies have demonstrated – also from the opponents’ side.
This situation permits to hypothesize that the majority of who voted for populist parties in 2014 did not make this choice for protesting against the traditional political class, as happened in 2013, but rather because of a true closeness to the populist parties’ message. Therefore, to study the populist voters of the 2014 EP election can be a fruitful opportunity for understanding the real profile – or profiles – of the Italian populists.

This paper analyses both the direct communication of the main Italian populist parties – Forza Italia, Lega Nord and Movimento 5 Stelle – and the characteristics of the voters who decided to support them in the 2014 EP election. The aim is to verify if there are common elements of populism among the three parties and common characteristics (political attitudes, media consumption habits, socio-demographic traits, etc.) among their supporters. The objective is fulfilled (1) through a quantitative content analysis of the communication displayed by the populist leaders on their official Facebook pages during the last ten days of electoral campaign and (2) by means of an analysis of the electoral survey data collected by the Itanes group after the 2014 EP elections (which have also been compared with survey data regarding 2013 election).

LA CAMPAGNA DI SALA A MILANO, FRA MESSAGGIO E BIG DATA. Un’analisi, dietro le quinte, di strategie e tecniche sviluppate alle Comunali di Milano
Giovanni Diamanti, Lorenzo Pregliasco, Stefano Origlia – Quorum e YouTrend

Le elezioni comunali di Milano rappresentano una discontinuità elettorale e metodologica importante nello scenario non soltanto del 2016, ma degli ultimi anni, durante i quali nella larghissima maggioranza delle competizioni abbiamo assistito a un’alternanza politica serrata ai vertici delle amministrazioni locali.
L‟alternanza tra centrodestra, centrosinistra e, ultimamente, Movimento 5 Stelle viene generalmente ricondotta a una generalizzata voglia di cambiamento dell’elettore che si manifesta in una bocciatura, più o meno risoluta, della coalizione uscente dal mandato amministrativo appena concluso.
I risultati di Roma, Torino, Trieste e della la stessa Bologna ci ricordano infatti quanto difficoltosa sia la riaffermazione della politica che governa, anche laddove esista un teorico, consolidato patrimonio di consenso per un’amministrazione o uno schieramento.
La città di Milano non sfuggiva certamente alla classificazione di comune a rischio, con la complicazione di un processo delle Primarie che, come talvolta accade, si è risolto in tensioni e molteplici fratture tra gli orientamenti interni al centrosinistra. Il contesto nazionale e locale sembrava così rendere più che possibile un cambio di scenario come risultato dello scontro tra il centrosinistra del manager Beppe Sala e il centrodestra dell’altro manager, Stefano Parisi, l’uomo al quale è affidata oggi la rigenerazione della propria area politica e che ha saputo nutrirsi della tensioni interne alla coalizione avversaria, così come dei tempi lunghi di una campagna iniziata a febbraio e conclusasi a fine giugno.
La riconferma di questo scenario si ritrova nel vantaggio di soli 0,9 punti percentuali che Beppe Sala conquista al primo turno e che per una coalizione uscente, nella stragrande maggioranza dei casi, equivale a una sconfitta dichiarata.

L‟analisi proposta tenta di indagare la specificità della campagna milanese, illustrando “da dietro le quinte” il lungo processo di analisi dei dati, di ideazione creativa e di management del comitato culminato nella „seconda campagna‟ del ballottaggio.
Oltre all‟impostazione strategica generale, la rassegna prende in esame gli strumenti di campaigning specificamente approntati per la corsa nel capoluogo lombardo.
Dalla creazione di una phone bank capace di prodursi in 30.000 contatti telefonici effettivi allo studio dei driver di consenso e dissenso verso gli attori in gioco, dagli invii targettizzati di materiale dedicato a segmenti specifici del database di coalizione, all’allocazione mirata di risorse, strumenti e time budget su cluster territoriali nei quali esistesse un potenziale di consenso più rilevante, il contributo proposto ricostruisce in modo analitico strumenti e operazioni di comunicazione politica sviluppate nella campagna comunale milanese.

Una nuova scena mediale o una nuova (messa in) scena mediale? Gli amministratori locali italiani in rete Stefano Epifani, Marco Laudonio – la Sapienza Università di Roma

Quando si analizza quello che viene comunemente definito “web 2.0” si pensa a processi di forte disintermediazione della comunicazione ed allo sviluppo di nuovi modelli di interlocuzione tra gli attori, più orizzontali e – talvolta – addirittura guidati dagli utenti. Un cambiamento che tocca o dovrebbe toccare tutti i contesti della comunicazione.
Parlando di comunicazione politica, nell’epoca della disintermediazione, quindi, cambiano realmente le modalità di comunicazione della classe politica italiana o gli strumenti principali del web 2.0, i social network sites, vengono piegati a logiche comunicazionali più tradizionali? Si sono sviluppati e si sviluppano modelli di comunicazione nuovi e realmente “inclusivi” o si continuano a sviluppare modalità sostanzialmente unidirezionali, basate su approcci top-down, che non coinvolgono realmente l’utenza, autoreferenziali e vicine alle logiche del mainstream?
Il conference paper proposto intende analizzare le dinamiche di comunicazione dei principali candidati eletti a sindaco nelle ultime elezioni comunali per comprendere se a seguito dell’elezione il dialogo con i cittadini-elettori (piuttosto che la sua messa in scena) sia continuato o sia stato sostituito da una comunicazione più tradizionale a base di dichiarazioni contenute in interviste, comunicati, stampa, lanci di agenzia.
L’analisi di contenuto e delle modalità di (eventuale) interazione saranno raffrontate con una precedente ricerca condotta da uno degli autori del conference paper in occasione delle elezioni amministrative del 2008/2009 così da poter presentare un confronto diacronico.
Gli elementi analizzati saranno finalizzati a comprendere quanto gli amministratori locali abbiano effettivamente compreso vantaggi, opportunità e logiche della comunicazione dialogica propria dei social media e quanto invece pieghino questi strumenti a logiche più tradizionali.
In particolare, si considereranno le modalità di gestione dell’interazione con gli utenti tanto dal punto di vista quantitativo che qualitativo, considerando tipologia della presenza on-line, modalità di utilizzo degli strumenti, frequenza degli interventi, intensità dell’interazione sviluppata. Verranno presi in considerazione i principali social network sites.

La consulenza politica in Italia: profili e logica
Giada Fiorucci – Università di Urbino Carlo Bo

Questo lavoro ha l’obiettivo di evidenziare il ruolo sempre più centrale della figura del consulente politico all’interno di una campagna elettorale.
Trattandosi di un’area di ricerca ancora poco studiata in Italia il lavoro partirà da una breve analisi dell’evoluzione del contesto politico in relazione ai cambiamenti avvenuti nella comunicazione politica e nell’eco-sistema mediale che definiscono il frame nel quale si è sviluppata la consulenza politica in Italia. Poi il lavoro si concentra sul focus: lo sviluppo e le trasformazioni del consulente e della consulenza in rapporto al mutamento politico e dei suoi principali attori in ambito nazionale.
Il consulente politico, categoria che rimanda a diversi e specifici ruoli, secondo gli stessi consulenti, sostiene e coadiuva il lavoro del leader e del partito. Si adatta ai nuovi modelli della comunicazione anche ricorrendo alla comunicazione online. Costruisce e racconta narrazioni, si muove nell’ambito del marketing politico.
Il consulente, dunque, diventa progressivamente una figura rilevante nelle campagne elettorali post-moderne, sempre più fluide e permanenti.
Il lavoro sarà supportato da diversi tipi di informazione, qualitativa e quantitativa: sia da informazioni ottenute attraverso interviste a testimoni privilegiati che dall’analisi dei primi dati ottenuti attraverso un sondaggio (cawi) somministrato a circa 60 professionisti del settore presenti in Italia.
L’obiettivo sarà quello di delineare un profilo dei ruoli della consulenza politica, della logica e dell’autorappresentazione di questa professione secondo la prospettiva degli stessi professionisti.

I partiti e il referendum costituzionale: propaganda e intensità “social”
Antonio Folchetti – Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

Uno degli effetti più immediati del referendum del 4 dicembre, con il quale gli italiani sono stati chiamati ad esprimersi sulle riforme costituzionali varate dal governo Renzi, è stato quello di ridisegnare momentaneamente la scacchiera del sistema politico italiano. Partiti tradizionalmente antitetici si sono ritrovati schierati sullo stesso fronte, accomunati dalla contrarietà al riassetto costituzionale voluto dal governo. Sul lato opposto, all’interno principale soggetto promotore della riforma non sono mancate profonde divisioni interne sulle intenzioni di voto.
In questo quadro di riposizionamenti e di alleanze provvisorie, i partiti hanno adottato diverse strategie di comunicazione per affrontare quella che è stata una dura campagna referendaria. E se c’è chi ha portato avanti un’intensa attività di propaganda (sia social che “materiale”) già a partire dai primi mesi del 2016, altri hanno invece iniziato a scoprire le loro carte soltanto negli ultimi mesi antecedenti all’appuntamento elettorale.
Quel che è certo, comunque, è che a partire dall’inizio dell’autunno l’interesse nei confronti del referendum è andato via via moltiplicandosi, fino a monopolizzare l’opinione pubblica nelle ultime settimane prima del voto. Conseguentemente, i partiti (e i loro leader) si sono gradualmente adattati alle tendenze che emergevano nel clima di opinione. E giacché l’esito del referendum è apparso assolutamente incerto fino alla fine, si è verificato un massiccio impiego di mezzi e risorse. Lo scopo di questa ricerca è proprio l’analisi l’evoluzione del comportamento “digitale” dei diversi partiti italiani durante i tre mesi antecedenti al referendum. Si è trattato di uno studio in itinere, in cui sono state esaminate, in chiave comparata, le strategie comunicative che i leader di partito hanno adottato – in termini qualitativi e quantitativi – per convincere gli elettori a votare secondo le rispettive indicazioni. A tal fine, si è scelto di prendere in esame i profili Facebook dei vari leader, perché caratterizzati da un bacino di utenza più ampio e diversificato rispetto a Twitter, che è invece utilizzato da un pubblico più ristretto, composto in prevalenza da addetti ai lavori, o comunque da soggetti maggiormente interessati alle vicende politiche. A Facebook i leader fanno ricorso sempre più frequentemente al fine di allargare lo spazio di ricezione delle proprie issues e di arrivare a segmenti di elettorato generalmente lontani da quel genere di comunicazione (tutt’altro che irrilevante) ancora veicolata attraverso i media tradizionali.
Se l’intento iniziale del paper era quello di osservare i partiti, si è scelto – anche in seguito ai suggerimenti arrivati dal referaggio – di spostare l’attenzione sui singoli leader, vista la sempre maggiore preponderanza mediatica, ormai ampiamente testimoniata, che essi hanno assunto rispetto alle formazioni politiche che li sostengono. Pertanto, sono state prese in considerazione cinque figure politiche di primo piano, che rappresentano a loro volta i cinque partiti italiani al momento ritenuti più rilevanti in termini di peso politico ed elettorale: Matteo Renzi, Angelino Alfano, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio. È opportuno motivare la scelta di Di Maio (al posto di Beppe Grillo) in quanto quasi unanimemente considerato come candidato in pectore del M5S per Palazzo Chigi, al punto che la sua popolarità è già da tempo vagliata dai vari istituti demoscopici nelle loro periodiche rilevazioni.
L’intento è quello di capire quanto il referendum abbia interessato la comunicazione dei principali esponenti della politica italiana rispetto alle altre tematiche di cui questi ultimi hanno continuato ad occuparsi in questi mesi. Come già accennato, è stata monitorata l’attività su Facebook dei suddetti cinque leader politici, analizzandone i contenuti, l’utilizzo di parole-chiave, la popolarità e il livello di engagement raggiunto dai post. Il periodo di tempo preso in esame va dal 1 settembre al 2 dicembre (circa tre mesi, precisamente 92 giorni); nel corso di quest’arco temporale sono state selezionate altresì alcune date – corrispondenti ad episodi particolarmente significativi della campagna referendaria – che possono aver aumentato, diminuito o, in  qualche modo, modificato l’intensità della mobilitazione sul social network.

La capacità predittiva dei sondaggi in merito al referendum costituzionale del 2016
Giancarlo Gasperoni – Università di Bologna

Attingendo ai documenti depositati presso il sito web www.sondaggipoliticoelettoriali.it come previsto dalla legge n. 28/2000 e dal Regolamento in Materia di Pubblicazione e Diffusione dei Sondaggi sui Mezzi di Comunicazione di Massa approvato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel 2010, il contributo si propone di esplorare la capacità predittiva dei sondaggi preelettorali resi pubblici mediante i mezzi di informazione e riferiti al referendum sulla riforma costituzionale (cosiddetta “riforma Renzi-Boschi”) che avrà luogo entro i primi giorni di dicembre 2016. Si tratta di un’opportunità particolarmente significativa per il rilievo politico della consultazione, per l’apparente semplicità delle opzioni a disposizione del votante (rispetto alle elezioni parlamentari e regionali), per la notevole durata della campagna e della corrispondente folta attività degli istituti demoscopici, per la forte incertezza che caratterizza l’esito della consultazione, nonché per le molte nuove sfide che i sondaggi “tradizionali” si trovano ad affrontare.

Le analisi metteranno in relazione la capacità predittiva dei sondaggi con la durata della rilevazione, le dimensioni del campione, l’incidenza dei non rispondenti, la tecnica di campionamento, la formulazione dei quesiti, l’appartenenza o meno dell’istituto all’Assirm, la tecnica di campionamento, il ricorso o meno alla ponderazione dei dati, ma anche ad altri aspetti politicamente più rilevanti legati a eventi clou della lunga campagna elettorale (s/personalizzazione della consultazione, pronuncia in merito alla costituzionalità della riforma elettorale “Italicum”…). Inoltre, sarà possibile anche tracciare un profilo della qualità metodologica dei sondaggi i cui esiti, presumibilmente, avranno influito sull’opinione pubblica e sui processi di formazione delle intenzioni di voto.
La capacità predittiva dei sondaggi preelettorali (pubblicati) è stata esaminata – mediante l’indice A proposto da Martin et al. (2005) e altri indici ad esso ispirati – da Callegaro e Gasperoni (2007; 2008) in occasione delle elezioni della Camera dei Deputati del 2001, 2006 e 2008, da Gasperoni (2013) per le elezioni della Camera del 2013, da Vignati e Gasperoni (2013) per le elezioni regionali del 2010 e del Senato della Repubblica nel 2013. Nelle prime due tornate e di nuovo nel 2013 il complesso dei sondaggi ha sovrastimato il margine di vittoria della coalizione vincente. La qualità dei sondaggi e della relativa documentazione è peggiorata in questo arco di tempo, e le dimensioni campionarie delle inchieste sulle intenzioni di voto si sono ridotte costantemente. Peraltro questa riduzione è aggravata dall’aumentata incidenza di astenuti, indecisi e non rispondenti, che affievolisce la robustezza empirica delle stime basate sulle sole intenzioni di esprimere un voto valido.

Unusual competitors? A comparative analysis of the Italian, British and Swedish coverage of the 2016 Us election campaign
Lars Nord – Sundsval University, Paolo Mancini e Matteo Gerli – Università di Perugia

Us elections are an important international event that produce consequences affecting many countries in different parts of the world. The election campaign itself attracts worldwide attention not just because of the importance of the competition but also because very often journalists like to stress strange and in some way “exotic” aspects of the campaign. This is particularly the case of the 2016 election campaign with two major competitors, Donald Trump and Hilary Clinton, presenting very specific features. Trump is a sort of “outsider” who so far has run against his own Republican Party and Clinton is the first woman running for the Presidency.
Our paper presents the findings from a comparative content analysis of the coverage of the 2016 election campaign in a sample of the British, Italian and Swedish press. These are countries that feature different models of journalism (liberal, democratic-corporatist and polarized- pluralist). In each country we analyze newspapers of different type (elite, tabloid and local newspapers) and different affiliation (center/left – liberal, center/right- conservative).
The study has a twofold aim: on one side we want to study how the election campaign is covered in different countries and therefore we investigate if and how different media systems and different political cultures determine different media coverage. On the other side we will focus on factors that overcome national boundaries such as different political affiliations and different types of newspapers. Particular attention will be paid to the most frequent frames of the coverage and their connection to different political cultures and existing stereotypes.

Fakes, News and the Election: A New Taxonomy for the Study of Misleading Information within the Hybrid Media System
Fabio Giglietto – Università di Urbino Carlo Bo, Augusto Valeriani – Università di Bologna,  Laura Iannelli- Università di Sassari, Luca Rossi – IT University of Copenhagen

The widely recognized relevance of good information for healthy functioning democracies has given impulse to a broad and very diversified academic attention on both the spread of rumors and misleading information. Yet, despite several attempts of defining exhaustive and useful classifications, disciplinary specialization has led to a general lack of conceptual coherence (Rojecki & Meraz, 2014). Nevertheless, defining a taxonomy is the first step to properly address, theoretically and empirically, an issue that is emerging as one of the very crucial problems characterizing contemporary political and social environments. Most of the existing classifications are based on the distinction between false information resulting from honest mistakes (often defined as misinformation) and the one resulting from deliberate intention to deceive (disinformation). However, in contemporary hybrid news systems (Chadwick, 2013), circulation of (false) information is the result of a process involving a highly diverse plethora of actors who are very unlikely to be all guided by the same rationale (and by the same awareness of information’s fallacy). For this reason, an exclusively “actororiented” taxonomy may be inadequate to meaningfully describe the current environment.
Starting from an up to date and in depth crossdisciplinary literature review, we propose a new taxonomy for genres of misleading information that better fits contemporary information cycles. The processual nature of the proposed model goes beyond existing classifications of dis/misinformation for two pivotal reasons. On the one side, building upon a definition of information rooted into information theory (Bateson, 1972), our model adopts an observercentred perspective toward the truthfulness of any content that is produced or shared online. Within this perspective, we avoid dealing with the, often hard to decide, actual truthfulness of news content but only with the ownperspective of the original producer or propagators: as if it were true or false.

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Moreover, we represent every information spreading as a process involving, in diverse stages of the cycle of news, multiple subjects orienting their judgement and decisions on the basis of multiple, and not necessarily aligned, values, interests, and skills. Such a diverse spectrum of actors is at work within hybrid media logics (technologies, genres, norms, behaviors, and organizational forms) producing and sharing all the information (true and false) populating contemporary news ecologies.

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Conceptualizing information sharing as a composite process means to acknowledge the existence of multiple steps, actors, and potentially conflicting goals when a specific piece of information can be either created, shared or reshared (see Tab. 1). At every step of the process the proposed model asks, in a recursive way, how the content was perceived by the various actors at play (see Fig. 1). A prevailing presence of one of the four typology in a cycle lead to a distinct type of misleading information. Leveraging on this model, the paper presents and in depth discussion of four different cases, ranging from fake to pseudoinformation, drawn from the 2016 United States presidential election.

Modelli di leadership e di comunicazione politica a confronto: il punto di vista dei giovani
Elisa Lello – Università di Urbino Carlo Bo

Il contributo si propone di indagare le immagini e valutazioni dei giovani italiani nei confronti dei principali leader politici attuali e del loro stile comunicativo. Il punto di partenza è costituito dall’individuazione di un set coerente di aspettative nei confronti della politica che caratterizza i giovani, e che è stato sintetizzato dall’autrice nella domanda di una politica “tecnica”1: i giovani, cioè, mostrano una preferenza per un agire politico e comunicativo rigorosamente non ideologico, puntato alla concretezza e al “fare” con rapidità ed efficacia. Guardano con diffidenza a proposte politiche caratterizzate dal punto di vista ideologico o anche solo ideale, che ambiscano cioè a cambiamenti sociali significativi. La loro idea di politica tende piuttosto a tradursi in gestione efficace e competente dello status quo: per questo, i criteri più importanti in base ai quali valutano l’offerta politica sono essenzialmente l’onestà e la competenza tecnico-professionale. Di più, dal momento che, ai loro occhi, la differenza tra culture e tradizioni politiche ha ampiamente perduto di significato, propendono per assetti istituzionali dove l’obiettivo della governabilità, intesa come possibilità per la maggioranza di decidere senza troppi intoppi – prevalga decisamente sulla dimensione della rappresentanza, intesa come possibilità per le diverse parti di essere incluse nei processi decisionali. A questa idea si collega la domanda di semplificazione netta dei sistemi politico e partitico, all’insegna della necessità di risparmiare costi e tempi e giustificata da una concezione decisamente limitata delle potenzialità della politica. Questa chiave di lettura risulta utile nell’interpretare le valutazioni dei giovani nei confronti dell’offerta politica: risultano evidenti i punti di vicinanza con diversi elementi caratterizzanti dello stile politico e comunicativo di Matteo Renzi, da una parte, e del M5S e Beppe Grillo, dall’altra. Peraltro, queste valutazioni sono soggette a cambiamenti nel corso del tempo: particolarmente interessante il caso di Matteo Renzi, la cui immagine e strategia comunicativa hanno attraversato mutamenti notevoli dall’epoca della “rottamazione” al confronto con il ruolo di presidente del consiglio. Il lavoro si propone dunque di analizzare le valutazioni e le immagini di partiti e leader, e del loro stile comunicativo, nel loro mutare nel corso del tempo attraverso un’analisi sia quanti- che qualitativa: il lavoro si appoggerà infatti sia su dati derivanti da sondaggi condotti su campioni rappresentativi della popolazione italiana (svolti da Demos e da Lapolis) sia su sei diverse serie di interviste semi-strutturate, condotte su giovani di differente provenienza territoriale e profilo socio-economico, dal 2008 al 2016 (per un totale di 93 interviste).

Votatemi tanto bene, anzi no: simboli e comunicazione di chi non ha partecipato alle elezioni amministrative
Gabriele Maestri – Università Roma tre, Caporedattore di Termometro Politico.

Nelle elezioni fa notizia chi partecipa al voto, ma anche chi, per un motivo o per l’altro, ne resta escluso merita attenzione. In ciascuno dei maggiori comuni – tra quelli che hanno rinnovato la loro amministrazione pochi mesi fa – almeno una lista, tendenzialmente autoctona, non ha partecipato alle elezioni per non essere riuscita a raccogliere il numero richiesto di sottoscrizioni oppure è stata esclusa per non avere rispettato in pieno i requisiti di legge per la documentazione elettorale.
Al di là delle liste espressione di partiti nazionali (la cui immagine è generalmente nota), è interessante indagare come a Torino, Milano, Roma e Napoli quelle liste avessero in programma di attirare l’attenzione (e magari il voto) degli elettori, solleticando l’appartenenza alla comunità territoriale (e calcistica), ammiccando a querelle politiche irrisolte, mettendo addirittura in campo provocazioni social-sessuali o, all’inverso, scegliendo grafiche assolutamente anonime e prive di ogni appeal per l’elettore.
È il caso poi di analizzare a parte una vicenda che più di altre ha ottenuto l’attenzione delle cronache, assumendo quasi i caratteri di un case study, pur nascendo dichiaratamente senza reali velleità elettorali. Il riferimento è alla “campagna elettorale” di Antonia Colasante, candidata fake al Campidoglio, che però è risultata assai più convincente di numerosi competitor reali: forte della sua esperienza di comunicatrice e storyteller, è riuscita a costruire una narrazione sufficientemente realistica e condivisibile per i frequentatori della rete, enfatizzata anche da alcuni mass media. L’esperimento, al di là della sua concezione dichiaratamente “ludica”, ha permesso di interrogarsi sul reale livello della comunicazione politica in Italia e sulla sua capacità di incontrare le attese degli elettori.

Il coverage della corruzione nei periodi di campagna elettorale in Italia: un tema da evitare?
Roberto Mincigrucci, Anna Stanziano, Rita Marchetti, Marco Mazzoni – Università di Perugia

In Italia si parla molto di corruzione. Lo dicono i dati raccolti in seno al progetto di ricerca ANTICORRP – “Anticorruption Policies Revised. Global Trends and European Responses to the Challenge of Corruption” da cui deriva il presente lavoro. La stampa italiana registra un numero di articoli riguardanti la corruzione e altre tematiche affini molto più alto rispetto ad altri paesi europei. Nello specifico, si parla molto di corruzione politica. Un dato che può essere letto alla luce della più generale prossimità tra politica e mass media che caratterizza il nostro paese, e quindi, nell’attenzione dedicata dai media allo scontro politico. I risultati evidenziano come quello della corruzione politica sia diventato un tema sempre più centrale nel dibattito politico, con il numero di articoli che nel corso degli anni è andato via via aumentando. La corruzione è però un tema da campagna elettorale? Il tema della corruzione in campagna elettorale è una policy issue veicolata dai candidati, dai partiti e dai programmi elettorali, oppure emerge in seguito al rivelamento di uno scandalo? Queste sono le principali domande cui il nostro contributo proverà a dare una risposta.
La nostra ricerca prende in esame il coverage della corruzione in quattro principali quotidiani italiani di diversa natura e diverso orientamento politico (Il Corriere della Sera; La Repubblica; Il Giornale; Il Sole 24 Ore) in un arco temporale di 12 anni (2004-2015). La raccolta degli articoli è stata effettuata selezionando gli articoli che contenevano nel testo o nel titolo almeno una di 10 parole chiave (corruzione, tangente, mazzetta, concussione, ecc.). Il paper approfondirà in particolare l’analisi della copertura della corruzione a ridosso delle elezioni politiche, regionali, comunali delle principali città che hanno avuto luogo durante i dodici anni considerati nella ricerca.
Il tentativo, in definitiva, sarà quello di verificare se la copertura della corruzione sulla stampa italiana in prossimità di un appuntamento elettorale possa essere letta alla luce di quello che Thompson (2000) definisce “politics of trust”: con la scomparsa dei partiti di massa la figura del leader assume sempre maggiore importanza per la conquista del consenso; pertanto gli elettori indirizzano il proprio voto in base all’idea di affidabilità, ma soprattutto di onestà, che un candidato riesce a trasmettere. Uno scandalo potrebbe avere delle ripercussioni su partiti o esponenti politici, soprattutto a ridosso delle campagne elettorali: il nostro tentativo è di capire se ciò avviene anche nel contesto elettorale del nostro paese.

From the squares to the ballots: the metamorphosis of media imaginaries in Greece and Spain
Alice Mattoni, Emiliano Treré – Scuola Normale Superiore

Most of political communication literature considers how political actors engage with a diverse range of media technologies and organizations during topical moments of political participation, including mobilizations and elections. This literature suggests that the diffusion of digital and mobile media changed deeply the patterns of political communication. More precisely, the mundane use of mobile media devices like smartphones combined with an increased internet accessibility brought to the personalization, disintermediation and mediatization of politics (Bennett & Segerberg, 2013; Chadwick, 2013). At the same time, media studies suggest that how political actors and lay citizens understand media shapes the ways through which they embed media into their political activities (Couldry, 2012; Hepp, 2013). This literature acknowledges that understanding what political actors do with the media passes through the analysis of what political actors think about the media, and implies that media imaginaries are a relevant dimension of the whole media ecology in which political actors are immersed (Mosco, 2005; Treré & Barassi, 2015). Yet, few empirical studies investigate how political actors and lay citizens perceive and imagine the media technologies and organizations with which they interact, and we still need to develop knowledge on the more dynamic side of media imaginaries in order to understand what happens once they arise in societies and evolve.
In this paper, we present a comparative study that focuses on the media imaginaries that came to light in Greece and Spain during two topical political moments: the wave of mobilizations against austerity in 2011; and the emergence of movement parties that gained visibility after the peak of protests and during electoral campaigns, Syriza in Greece and the Partido X and Podemos in Spain. In doing this, we investigate three interrelated empirical phenomena linked to media imaginaries. First, the development of distinct media imaginaries at the meso-level of political actors in the two countries; second, the dynamic evolution of such media imaginaries in social movements – during protest waves – and in political parties – during electoral campaigns; third, the transformations that occurred to media imaginaries once they evolve from movements’ fluidity to “parties’ crystallization” (Casero-Ripollés et al., 2016; Lobera, 2015; Romanos & Sádaba, 2015). The article presents evidence from PiCME (Political participation in Complex Media Environments), a research project based at the Scuola Normale Superiore, and it is structured as follow.
The introduction assesses the literature on media imaginaries and its contribution to the literature on political communication. The second section discusses the analytical framework: it defines media imaginaries and outlines their potential patterns of evolution. The third section illustrates the methods of the study: 41 in-depth interviews with political actors, 14 expert interviews with media professionals and practitioners; and analysis of 20 key documents produced by political actors. The fourth section reconstructs the media imaginaries that arose during anti-austerity mobilizations and explains how they evolved within movement parties after the peak of protests. The conclusions propose some comparative reflections on Greece and Spain, outlining the theoretical implications of the study and proposing further lines of investigation.

LA CAMPAGNA REFERENDARIA: DALLA PARTE DELL’OSSERVATO (RAI) E DELL’OSSERVATORE (OSSERVATORIO DI PAVIA)
Armando Melchionna – relazioni istituzionali Rai, Antonio Nizzoli – Responsabile Osservatorio di Pavia

Il paper si propone di illustrare la dialettica tra chi comunica (la Rai, servizio pubblico televisivo) e chi controlla quanta e quale comunicazione viene prodotta (l’Osservatorio di Pavia) durante la campagna referendaria. A partire dall’illustrazione dei regolamenti, del funzionamento delle istituzioni di vigilanza (Commissione Parlamentare, Agcom, ecc.), del lavoro delle redazioni, delle caratteristiche del monitoraggio, saranno illustrati i principali risultati empirici (chi ha parlato, per quanto tempo, in che genere di programmi, con che posizione rispetto al quesito, ecc.) al fine di fare emergere l’utilità e le criticità dell’attività di monitoraggio del pluralismo politico.

LE AMMINISTRATIVE 2016 – CARTOLINE WEB, UN NUOVO STRUMENTO DELLA PROPAGANDA ELETTORALE
Mongiardo Melissa

Dal 1993, anno d’introduzione dell’elezione diretta del Sindaco – che viene così dotato di un’investitura popolare e di un potere di tipo presidenziale – le elezioni comunali hanno rappresentato un terreno di innovazione e sperimentazione anche nella campagna elettorale, accelerando processi quali la personalizzazione e la professionalizzazione della politica.
Ad oggi le elezioni comunali rappresentano ancora uno dei principali momenti di elaborazione e sperimentazione di nuovi processi democratici: grazie a modelli comunicativi lontani dalle logiche classiche della propaganda elettorale partitica; al ricorso a candidati indipendenti o tecnici di provenienza non politica; alla nascita di alleanze transpartitiche che stravolgono e rimescolano equilibri e schieramenti tradizionali. Parallelamente, nella tematizzazione del confronto elettorale e nella selezione delle issues si è passati da un piano ideologico e nazionale alla ricerca di un rapporto più diretto con l’elettorato, incentrato su issues locali e inerenti al governo del territorio.
Il monitoraggio delle campagne elettorali delle elezioni amministrative del 2016 condotto dalla cattedra di Comunicazione Politica dell’Università di Roma Tre, che si è focalizzato sulle campagne elettorali delle principali città capoluogo e dei relativi candidati sindaco, mette in luce un aspetto originale per quanto riguarda l’uso dei social network ed in particolare di Facebook. La campagna elettorale per le amministrative del 2016 ha visto un consistente spostamento della propaganda elettorale sui social network impegnando candidati e partiti nella produzione e diffusione “in tempo reale” di materiali appositamente creati e pensati per la rete; i social non solo come strumento di comunicazione tout court, ma anche come “spazio affissione” per la circolazione e la diffusione di “cartoline web”: cartelli ed immagini grafiche con cui candidati e partiti entrano in contatto con il proprio elettorato promuovendo la condivisione di materiali nuovi quasi quotidianamente. Fenomeno già ampiamente diffuso negli Stati Uniti.
Le cartoline web, oggetto della ricerca, sono la trasposizione in un nuovo ambiente comunicativo virtuale dell’eredità del vecchio manifesto elettorale che, mantenendone alcuni elementi di continuità, rappresentano di fatto un nuovo strumento comunicativo. Dal monitoraggio degli account ufficiali dei social network dei principali candidati sindaco delle maggiori città capoluogo (Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Roma, Torino, Trieste), emerge trasversalmente un uso massiccio, con funzioni diverse, di questo nuovo strumento.
Il paper illustra le caratteristiche specifiche di questa nuova forma di comunicazione e le sue peculiarità; traccia una linea degli elementi di continuità e discontinuità con il manifesto elettorale tradizionale: come cambiano i contenuti, le issues ed il linguaggio, come il venir meno del lessico politico cede il passo ad un registro linguistico più colloquiale, come muta la natura e la fruizione dei contenuti proposti; descrive la forma, la struttura e le potenzialità di questi materiali in relazione all’uso che ne viene fatto da parte dei candidati e le diverse funzioni cui assolve; indaga le dinamiche comunicative e di interazione sociale che questo nuovo strumento comunicativo innesca in relazione agli utenti che ne fruiscono.

La riforma costituzionale nell’opinione degli italiani∫ una débâcle della comunicazione
Paolo Natale

Premessa.
Nelle indagini di mercato, è prassi usuale l’utilizzo di due indicatori, per comprendere il livello di apprezzamento per un certo prodotto: il primo fa riferimento alla cosiddetta “soddisfazione analitica”, il secondo alla “soddisfazione sintetica”. L’indice analitico prende in considerazione il prodotto nel dettaglio, facendo valutare ai consumatori tutti i suoi vari aspetti, dalla qualità al costo, dal rapporto prezzoqualità al packaging, e così via. L’indice sintetico ci informa invece sul giudizio generale, il grado di apprezzamento (sintetico, appunto) che il consumatore ha complessivamente del prodotto stesso. Il rapporto tra questi due indici è uno degli elementi principali che si tiene in considerazione per individuarne la performance finale. Se la soddisfazione sintetica è più alta di quella analitica, significa che la comunicazione funziona, che il messaggio veicolato è positivo, che il prodotto viene percepito bene, nell’immaginario di chi lo utilizza, a dispetto di qualche suo difetto. Se viceversa accade il contrario, se cioè è l’indice analitico ha un migliore andamento di quello sintetico, appare ovvio che quel prodotto non funziona, porta con sé una potenzialità inespressa che lo fa valutare più negativamente di quanto i suoi elementi costitutivi lascerebbero intendere.
Ipotesi di ricerca.
Un’analisi di questo tipo può venir effettuata prendendo in considerazione la legge costituzionale proposta dal governo Renzi, e materia del referendum popolare previsto per l’autunno di quest’anno. Interrogandoli su ciascuno dei principali aspetti della riforma, se gli italiani ne danno un giudizio positivo, ma non tramutano poi questa loro buona impressione “analitica” in una propensione “sintetica” a votare sì, a dare il loro appoggio complessivo alla riforma, significa che il difetto principale insito in questa proposta è legato alla comunicazione. Ed effettivamente i primi sondaggi (settembre 2016) sembrano andare in questa direzione. I risultati ci informano infatti che gli elettori giudicano positivamente gran parte degli elementi presenti nella riforma ma, infine, alla richiesta conclusiva su cosa voterà al prossimo referendum, la corsa del sì diventa improvvisamente molto molto difficoltosa, ed il risultato appare in bilico, se non addirittura a favore del no: il giudizio sintetico rimette in chiara discussione la buona performance di quello analitico. E oltretutto l’indicatore “winner”, vale a dire la percezione diffusa di chi vincerà, premia di nuovo la vittoria del no. Questa riforma, secondo gli elettori, non passerà. Lo studio si propone di monitorare il clima di opinione pubblica degli ultimi tre mesi di campagna in avvicinamento al referendum di fine novembre inizio dicembre, con l’obiettivo di comprendere se e come la comunicazione del governo riesca a riformulare il proprio approccio complessivo al tema. Cercando di analizzare quali siano le enfasi poste in atto per modificare questo effetto perverso, unitamente ai riscontri e alle ricadute dei messaggi veicolati nella percezione degli italiani, fino al momento del voto.
Metodologia.
La base dati di riferimento è composta da 5 cicli di interviste, effettuate a distanza di due settimane l’una dall’altra (da settembre a novembre 2016), presso campioni indipendenti della popolazione elettorale italiana di 1000 casi ciascuno, metà dei quali saranno intervistati attraverso CATI (fisso e mobile) e l’altra metà attraverso CAWI. Una ulteriore analisi verrà pertanto svolta cercando di comprendere se esistono significative differenze nelle risposte tra le due modalità di rilevazione (online e telefonica). I questionari e la raccolta delle informazioni sono effettuati dall’Istituto Ipsos di Milano, diretto da Nando Pagnoncelli, che si ringrazia per l’utilizzo dei dati.

Il Fundraising politico in Italia alla prova delle elezioni amministrative 2016
Raffaele Picilli e Marina Ripoli

Quale ruolo ha rivestito il fundraising politico nella campagna elettorale per le comunali 2016? Quali sono state le strategie di comunicazione e quali gli strumenti di fundraising utilizzati per raccogliere fondi? Molti aspiranti sindaco si sono limitati ad organizzare cene elettorali, qualcuno ha fatto raccolta fondi online, pochi hanno utilizzato attivamente il merchandising. È spesso mancata la gestione del donatore e il suo pieno coinvolgimento che solo con il fundraising si riesce ad ottenere. Sporadica è stata la pubblicazione di curriculum, casellario giudiziario, dati patrimoniali del candidato e dei candidati nelle liste; e rari i rendiconti parziali e consuntivi dei fondi raccolti e delle spese sostenute, elementi di trasparenza che invece sono necessari per una corretta e trasparente applicazione dei principi del fundraising. Uno scenario preoccupante se si pensa che allo scoccare del 2017 termineranno i rimborsi elettorali a sostegno dei partiti politici con l’attuazione definitiva della Legge 21 febbraio 2014, n.13.
Il paper che gli autori intendono presentare svilupperà e commenterà i dati raccolti nel corso del monitoraggio effettuato sui principali candidati a sindaco delle elezioni comunali 2016. Dati quantitativi e qualitativi che offriranno una fotografia sullo stato dell’arte del fundraising in Italia, il suo grado di utilizzo a livello delle campagne elettorali locali, il “quanto” e il “come” viene utilizzato, l’efficacia delle strategie e degli strumenti adottati. Sarà analizzato anche il fenomeno del “ritorno” a metodologie quasi dimenticate ma molto efficaci, ovvero quelle che si possono identificare con il termine “people raising” (coinvolgimento dei volontari, formazione mirata, porta a porta, ecc…).
Lo studio contestualizzerà lo scenario italiano nel più ampio panorama internazionale proponendo i dati elaborati dagli autori nell’ambito del quarto rapporto comparativo sul fundraising per la politica tra Italia, Stati Uniti e Regno Unito; proseguirà poi con i risultati del monitoraggio di 20 aspiranti sindaco alle elezioni amministrative 2016 e si concluderà con l’approfondimento di alcuni casi studio.

MPs and electoral political campaigns in Europe
Rossana Sampugnaro, Francesca Montemagno – University of Catania

The digital platform deeply changed the electoral campaigns, producing a consequent evolution of political consulting. Social networks have become the mainstream media so that the digital strategist and the big data analysts have achieved a special place in the “war room”, next to the campaign director and the pollster. Obama’s election (2012) marks the entrance in the “Fast Politics”: 24 hours news, a large amount of auto-generated contents produced by the voters through digital media, fragmentation, instantaneous transmission of messages but, at the same time, reduction of the attention threshold. Once again, as in the recent past, the evolution of the media (2.0) ends up changing the nature of election campaigns and political consulting request.
What happens in Europe? Study’s objective is to carry out a comparative analysis on the professionalization of MPs’electoral staff, in order to verify how the American model, the techniques and the style of election campaigns management have been imported in the European context. In particular, the focus is on new media: an ancillary use or, on the contrary, a new tool for consensus? Within a comparative approach between the European states, the study explores the use of political consulting during last general elections and in the current legislature, with a focus on Italian MPs.
For the comparative analysis between European states, the study used secondary data (CCS 2013. Comparative Candidates Survey) and construct synthetic indexes on the professionalization and digitization campaigns to conduct a subsequent quantitative and qualitative analysis; in order to study Italian parliamentarians, a survey was conducted through a semi-structured questionnaire.

La comunicazione di Matteo Renzi e la “narrazione referendaria”
Sofia Ventura – Università di Bologna

Nelle democrazie contemporanee la centralità dei leader politici, capi di partito e di governo o presidenti, si accompagna ad una particolare attenzione per la loro “narrazione”, ovvero per il modo in cui presentano sé stessi all’interno di un’avventura politica, sempre più legata all’imperativo del “cambiamento”, a sua volta da loro narrata. La narrazione dei leader, proposta senza soluzione di continuità attraverso il sistema integrato dei media e messa a punto in relazione alle contingenze politiche, tende a monopolizzare il discorso sulla politica, divenendo il punto di riferimento degli stessi media, che la amplificano o le contrappongono contro-narrazioni, e degli attori politici, sino ad arrivare al flusso ininterrotto di parole dei social network, dove la parte crescente di cittadini che lì si esprime tende a riprodurre la dinamica delle narrazioni e contro-narrazioni generate a livello politico.

In Italia, il Presidente del Consiglio e segretario del Partito democratico Matteo Renzi ha riposto, sin dalla sua esperienza di sindaco di Firenze, poi attraverso la sua “sfida” all’establishment del partito attraverso le primarie del 2012 e quindi la competizione per la segreteria del 2013, infine nella sua esperienza di governo dal febbraio 2014, grande fiducia nell’efficacia della narrazione per creare consenso. All’interno della sua narrazione del “cambiamento” un ruolo cruciale è stato svolto dal tema delle riforme costituzionali, proposto come la chiave di volta di una trasformazione del sistema politico italiano e, soprattutto, come la dimostrazione della capacità della sua leadership di rendere concreta la promessa del cambiamento, essendo la questione dell’innovazione costituzionale stata oggetto di dibattito ed anche effettivi tentativi di riforma, in buona parte falliti, nella storia repubblicana dell’ultimo trentennio. Per questo, Matteo Renzi ha individuato, sin dall’inizio del percorso di riforma, nel referendum popolare confermativo l’ “arena” entro la quale sviluppare una parte importante della sua narrazione, arena privilegiata perché consente la comunicazione diretta con l’opinione pubblica e al tempo stesso si interseca con altre arene (es. fare le riforme per essere più forti in Europa).

Il paper propone una ricostruzione ed un’analisi della narrazione su questo tema del Presidente del Consiglio, a partire dall’avvio del processo di riforma costituzionale, sino a ricomprendere la fase di vera e propria campagna referendaria. L’obiettivo è quello di porre in evidenza la coerenza di tale narrazione con il più generale approccio comunicativo del Renzi “di governo” e, al tempo stesso, di mostrare come gli aggiustamenti ed anche i cambiamenti di direzione della “narrazione referendaria” costituiscano utili indicatori del più generale adeguamento della narrazione renziana a fattori quali i mutamenti nel consenso misurati da sondaggi e la difficolt{ di ripresa dell’economia italiana misurata a sua volta da diversi indicatori.

Infine, il particolare punto di osservazione offerto da questa specifica narrazione consente una riflessione conclusiva sul rapporto tra policy – qui la policy istituzionale – e comunicazione politica; in altri termini, in conclusione nel paper si suggerisce l’ipotesi che nel caso specifico – ma il caso specifico costituisce un caso rappresentativo della più generale esperienza del governo Renzi, come verrà argomentato – la “necessit{ comunicativa” abbia condizionato in modo significativo i contenuti della policy. E,’ questo, un tema che si inserisce nella più generale problematica del rapporto tra comunicazione e narrazione ed esercizio effettivo del potere e produzione delle politiche pubbliche nelle democrazie “spettacolarizzate” degli anni Duemila