PADRE ALESSANDRO SERPIERI
Breve biografia a cura di padre Giancarlo Rocchiccioli
Il padre Daniele Serpieri e la madre Caterina Ranucci. Sia il padre che la madre erano di Rimini e tale si considerava Alessandro Serpieri. La famiglia passava un periodo dell’anno a Marignano per il lavoro di esattore del padre. I fratelli, avendo partecipato ai moti risorgimentali, faranno carriera nella pubblica amministrazione. Il fratello Achille sarà prefetto a Reggio Calabria, quando il P. Serpieri vi si recherà per osservare l’eclisse totale di sole, il 22 dicembre 1870. Il primo insegnamento ad Alessandro fu impartito in famiglia, da due sacerdoti, i fratelli Luigi e Francesco Speranza che lo istradarono in particolare per lo studio del disegno, dell’italiano e del latino. Dopo l’istruzione in casa, il padre, Daniele, convinto anche dai risultati della scuola personale dei due sacerdoti, lo affidò al Collegio dei Nobili di Urbino, gestito in quegli anni dai Padri Scolopi Toscani. Il collegio era la struttura scolastica più efficacie per un corso di studi che dovesse sfociare negli studi universitari. Senza dimenticare che studi superiori non erano possibili nei centri minori. Erano a Urbino alcuni scolopi giovani, che in seguito approderanno a Firenze e a Siena. La loro presenza e il clima sereno dell’ambiente, ha fatto nascere, nel ragazzino di Rimini, per naturale simpatia, la vocazione scolopica. Il 30 novembre 1830 il quindicenne fu ammesso al noviziato di due anni al Pellegrino, sulle colline di Firenze. Il primo biografo di P.Serpieri, P. Giovanni Giovannozzi, che aveva fatto il noviziato anche lui al Pellegrino, ne parla come di “una quieta e solitaria casa presso Firenze, che la ridente posizione e le antiche memorie ci rendono carissima”. Era provinciale il P. Giovanni Inghirami, che aveva portato da Volterra, dove era nato e aveva frequentato quella scuola, una particolare disposizione per le materie scientifiche e soprattutto per il metodo sperimentale e la sua utilizzazione operativa. A Volterra, quando era insegnante il P. Inghirami, nel 1809 è stato redatto un documento emblematico: “Le macchine ottiche” che nell’introduzione dà, del metodo sperimentale una definizione sintetica e completa. Ne è autore il giovane Giovanni Maria Mastai Ferretti, in collegio a Volterra dalla natia Senigallia. Anche lui, come il Serpieri, affidato a un collegio lontano dalla casa paterna. Il trattatello segna la conclusione degli studi del giovane Mastai Ferretti, il futuro Pio IX.
Gli scolopi che dopo il noviziato dovevano prepararsi alla professione perpetua e al sacerdozio, vivevano e studiavano nella casa di San Giovannino, in piazza San Lorenzo. Lì risiedeva il P. Provinciale e lì aveva sede l’Osservatorio Ximeniano, di cui era direttore il P. Inghirami stesso, coadiuvato dal P. Pompilio Tanzini e dal P. Eusebio Giorgi. L’Osservatorio e la tradizione scientifica degli Scolopi era ricollegata al metodo sperimentale come lo aveva pensato Galileo Galilei e prima di lui Leonardo da Vinci. Il metodo sperimentale aveva una funzione conoscitiva. Lo scienziato verifica, con una ricostruzione “in laboratorio”, la verità del fatto intuito e ne rende trasmissibile la conoscenza ad altri. Teniamo presente questa definizione, perché P. Serpieri ne parlerà quando instituirà, nel 1850, un osservatorio meteorologico per la scuola di Urbino. Il triennio di studi, presso l’osservatorio Ximeniano, dura dal 1840 al 1843. Ne rimangono i diligenti appunti, ora nell’archivio degli Scolopi di Firenze. Nel 1843 si richiede un insegnante di matematica al Collegio Tolomei di Siena. Il Rettore è il P. Tommaso Pendola, professore di filosofia nell’Università di Siena e iniziatore della scuola per sordomuti. Il provinciale, P. Inghirami, invia lo studente Serpieri, allora appena ventenne. A Siena il Serpieri, oltre all’insegnamento, prosegue e approfondisce gli studi. Il P. Pendola apprezza subito la viva intelligenza dello studente che gli è stato mandato da Firenze e cerca di coltivare una possibile vocazione filosofica, con l’intenzione di prepararsi un successore nella carriera universitaria. Nel 1846, cambiando i programmi di filosofia per l’ammissione all’Università, il P. Pendola incarica il giovane Serpieri di preparare un breve trattato che aiuti gli studenti a prepararsi per entrare più agevolmente all’Università. E’ il primo scritto del giovane autore, dal titolo: “Risposte ad alcuni temi di filosofia razionale”, scritto in forma anonima e mai rivendicato. La vicinanza al P. Pendola è, per il Serpieri, motivo di maturazione e di crescita. Nato nel 1800 a Genova, P. Pendola era allora nel pieno della sua personalità. Insegnante di filosofia nell’Università di Siena, di cui diventerà Rettore; iniziatore della pedagogia speciale per i Sordomuti, nell’ambito della quale raggiungerà una notorietà nazionale e internazionale; predicatore al Clero di Siena, su richiesta del Vescovo, aveva dato vita anche a una fiorente “Conferenza di San Vincenzo”; nella quale sarà sempre attivo. Il Serpieri, di questa iniziativa ne porterà una profonda suggestione a Urbino, partecipando alla attività della locale istituzione, come ce ne dà testimonianza il discorso su San Vincenzo di Paoli, del 25 luglio 1856. Nel 1846 il Provinciale, ora P. Tommaso Pendola, deve sostituire il P. Cesare Magherini, insegnante di matematica nel Collegio di Urbino e di fisica nell’Università, morto a soli trentotto anni. P. Pendola manda il giovane Alessandro Serpieri. Era di competenza del P. Provinciale la nomina dell’insegnante nel Collegio, ma le autorità accademiche abbinano nella persona del Serpieri, la nomina di insegnante di fisica nella Università. Sia P. Magherini che P. Serpieri provenivano dagli studi nell’ambiente dell’Osservatorio Ximeniano e ciò era garanzia di continuità didattica. L’Osservatorio Ximeniano si iscrive bene nella tradizione scientifica, secondo il metodo sperimentale di ascendenza galileiana. L’incontro fra gli Scolopi e Galileo è avvenuto a Firenze quando il grande scienziato era ancora vivo. Gli Scolopi arrivati a Firenze nel 1631, si erano avvicinati subito a Galileo. Gli Scolopi che avevano particolare disponibilità allo studio della matematica, sia a Roma, che a Genova e a Napoli, per la naturale vicinanza dello stesso insegnamento, anche perché per l’insegnamento della matematica non esisteva una Ratio Studiorum come per il latino, che facesse da guida, avevano incontrato ferventi ammiratori del grande scienziato fiorentino. Ben sette scolopi divennero frequentatori di Arcetri, ma in particolare il P. Famiano Michelini ed il P. Clemente Settimi. Le ultime opere di Galileo, ormai cieco, sono state dettate al P. Settimi, che faceva, in pratica, la funzione di segretario. I corrispondenti di Galileo, con facilità, intrattenevano una corrispondenza epistolare anche con il segretario. Galileo, per averlo più vicino, tramite il Governo granducale di Toscana, aveva fatto chiedere a Roma al P. Generale la possibilità che il P. Clemente qualche volta restasse nella villa di Arcetri anche di notte, cosa proibita dalle regole dell’Istituto. L’ambasciatore di Toscana va dal Calasanzio la mattina del sedici aprile 1639, il Calasanzio scrive la sera stessa al Rettore di Firenze, fra le altre cose, come se si trattasse di un fatto normale: “Se il Signor Galileo dimandasse che qualche notte restasse là il P. Clemente, V.R. glielo permetta, e Dio voglia che ne sappia cavare il profitto che doveria”. Dai primi padri che avevano frequentato Galileo ancora vivente e i suoi principali allievi, fra cui in particolare Alfonso Borelli, la tradizione galileiana si era tenuta viva in Toscana e aveva trovato un efficace potenziamento quando gli Scolopi hanno accolto, da Leonardo Ximenes (1716-1786), l’eredità dell’Osservatorio che in seguito chiameranno Ximeniano, dal nome del Fondatore.
La permanenza del P. Serpieri a Urbino, fino al 1884, è stata di trentotto anni. Oltre l’insegnamento nella scuola del Collegio e nell’Università, ha dovuto dirigere il Convitto, annesso al Collegio e questo impegno lo teneva legato tutto il giorno. Il responsabile del Convitto era chiamato: il Ministro. P. Serpieri nei suoi scritti preferisce quasi sempre il titolo di Educatore. Non è una sfumatura di poco conto. La parola Ministro mette l’accento sull’aspetto disciplinare ed autoritario che un responsabile del Convitto deve pure assumere; la parola Educatore invece mette l’accento sulla crescita che è nella natura dell’età del Convittore, dalla prima classe, alla fine del liceo e che il responsabile del Convitto deve sostenere e guidare. Dal 1856, fino al 1884 P. Serpieri sarà anche Rettore del Collegio e quindi ancor più identificato col Collegio e con Urbino. I contatti col mondo scientifico avvenivano sempre tramite gli scritti, sotto forma di lettera o di relazione inviata alle diverse pubblicazioni periodiche. In Italia, da Urbino, bisognava cercare a Milano o a Torino. Sarà la via seguita dal Serpieri, per far conoscere le sue scoperte e le sue intuizioni.
L’insegnamento comporta che gli argomenti vengano ripetuti da un anno all’altro. Contro la monotonia della ripetitività, l’insegnante ha due strade: la prima è la preparazione quotidiana e sistematica. E noi abbiamo ancora gli appunti, regolari e giornalieri del Serpieri, che sullo stesso argomento lasciano intravedere una preparazione sempre diversa e nuova. La seconda strada è l’aggiornamento, ritornando a studiare, seguendo la ricerca con letture che possono non essere in stretta relazione con la lezione del giorno dopo, ma tengono desta l’attenzione e quello di cui la ricerca si va, via via, arricchendo. Nell’insegnamento delle materie scientifiche c’è una terza via: la ricerca, possiamo dire, sul campo. Tanto più se parliamo di metodo sperimentale. Nel saluto alla città, del 21 ottobre 1884, il Serpieri, parlando di Urbino accenna alle principali ricerche sullo sfondo di “questi ampi, sublimi orizzonti, questo limpido cielo, questo vario e mesto paesaggio di cui ho concorso a delineare la flora. I miei studi sono legati al paese”. Il primo biografo, il professore Federico Mici, racconta di passeggiate frequenti nella campagna urbinate, per delinearne appunto la flora, accompagnato da due o tre ragazzi, a cui il chiarissimo professore non disdegnava di accodarsi. Sappiamo che uno dei più assidui a queste passeggiate era Giovanni Pascoli. Da dove avrà imparato tutti quei nomi di animali e di piante che affollano le sue poesie?
Fin dall’inizio del suo lavoro a Urbino, P. Serpieri, che era stato tre anni all’Osservatorio Ximeniano di Firenze, riprende l’idea caldeggiata dal suo predecessore, P. Cesare Magherini, di realizzare un piccolo osservatorio meteorologico sui tetti del Collegio. La realizzazione, con l’inaugurazione ufficiale, è del 31 maggio 1850. Il Serpieri ne fa una relazione breve, ma completa, al Conte Domenico Paoli, scienziato pesarese col quale aveva avuto in precedenza uno scambio di vedute, compresa l’idea di un Bollettino Mensile, per confrontare le osservazioni e le scoperte che si venivano realizzando a Urbino e in altri luoghi. Ogni osservazione metereologica, anche adesso, è significativa se rapportata al territorio e confrontata ad altre osservazioni. Quando nel duemila guardiamo alla televisione i servizi metereologici, non è difficile ricordare che i servizi di metà ottocento non avevano le foto dal satellite che ci consentono di vedere le masse delle perturbazioni in movimento, che coprono tutta l’Europa. Allora bisognava accontentarsi di bollettini mensili che oltretutto raccontavano i fenomeni dopo che si erano verificati. La lettera al Conte Paoli delinea con estrema precisione la collocazione geografica del punto di osservazione, la struttura e gli strumenti di cui l’Osservatorio è dotato. Mi soffermo su questa iniziativa dell’Osservatorio perché P. Serpieri nelle sei paginette riesce a darci notizie, e la relazione si rivela completa. Nella relazione al Conte Paoli c’è una annotazione che va rilevata. Dopo l’annuncio che finalmente l’Osservatorio era operativo, il Serpieri sente il bisogno di giustificarne l’istituzione.
“Nello stabilire questo Osservatorio io ebbi in mente due fini principali: primo di cooperare ancor io, per quanto sarà in mio potere ai progressi della Meteorologia: secondo di educare a questo genere di studi la distinta e volenterosa gioventù che ci viene affidata nel Collegio”.
E’ chiaro che lo studio di un fenomeno non deve soltanto far crescere le conoscenze, secondo la più rigorosa definizione del metodo sperimentale. Ha anche un secondo fine: educare a un lavoro ordinato e sistematico.
“E si può sviluppare e nutrire la nobile passione di cooperare con ogni forza ai veri progressi della civiltà e del sapere. Con un poco di costanza e pazienza, i ricercatori, potranno pervenire a preziosi risultati”.
Anche sviluppando il primo fine che si prefigge l’iniziativa dell’Osservatorio, Serpieri ne vede tutta l’importanza se lo si guarda come la maglia di una rete che collega
“Milano, Bologna e Roma e avere così non lieve importanza negli studi meteorologici del nostro Paese”.
Anche la prospettiva “del nostro Paese” ha un suo peso nel contesto di una coscienza nazionale. Più volte il Serpieri delineerà l’Educazione come educazione civica. Conclude comunque:
“gli strumenti che abbiamo sono poca cosa” (e ce ne tramanda l’elenco) “ma quando in un sistema di educazione possono volgersi le giovani menti ad occuparsi direttamente per la scienza, cooperare con ogni forza ai veri progressi della civiltà e del sapere, dobbiamo reputarci fortunati e tenere carissimi quei pochi mezzi che abbiamo”.
Lo strumento è utile per definire un fenomeno. Per P. Serpieri l’osservazione attenta degli strumenti nel tempo, è efficace anche per apprendere la disciplina del lavoro sistematico che contribuisce più di ogni altro alla crescita della personalità. Lui per primo ne dà l’esempio comunicando al Conte Paoli le misure esatte della struttura, l’altezza sul livello del mare secondo le osservazioni barometriche fatte nel 1847, la latitudine e la longitudine, secondo i PP. Maire e Boscovich. L’Osservatorio comporta un lavoro molto preciso: prendere i dati quattro volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno, nel pomeriggio e la sera. Molte osservazioni, secondo lo scopo che Serpieri si era prefisso, sono affidate ai convittori, con qualche smagliatura, forse involontaria, ma non sempre. Le osservazioni sono consegnate al Bollettino mensile. Le finanze non hanno potuto garantirne la regolarità. Il Bollettino è tramite anche per altre osservazioni, oltre alla meteorologia e questo crea una rete molto estesa, fra i vari osservatori, un po’ in tutta l’Italia, come era nelle meteorologica intenzioni di fondazione, di cui Serpieri dice al Conte Paoli. L’osservazione del cielo consente al P. Serpieri uno scambio fisso su due fenomeni astronomici per i quali non erano necessari strumenti particolari: la luce zodiacale e le stelle cadenti. La discussione sui due fenomeni astronomici è stata molto attiva, sia con acquisizioni condivise, sia con ipotesi, su cui l’astronomo di Urbino mostrerà tutto il suo acume. La rete tessuta col Bollettino, consente al Serpieri, in occasione del terremoto di Urbino del 12 marzo 1873 e il terremoto di Rimini del 17 marzo 1875, di chiedere a tutti gli osservatori con i quali era in corrispondenza la notizia dell’ora esatta in cui la scossa è stata percepita. La registrazione non esisteva. L’ora esatta ci dice dove cominciarono le scosse e quindi l’epicentro. Non è poca cosa. Alla richiesta del Serpieri hanno risposto oltre cento osservatori e quindi le conclusioni si possono dire valide. Sull’argomento del terremoto P. Serpieri ha potuto giungere a conclusioni importanti, anche per quanto riguarda i suggerimenti da dare per la costruzione degli edifici in zone sismiche. Suggerimenti che nonostante tutto, consentono di definire le aree sismiche e le caratteristiche degli edifici, l’unico strumento, se osservato con rigore, per prevenire gli effetti distruttivi anche del terremoto più violento. Nella sua relazione il P. Serpieri, che non era un ingegnere edile, ha dato suggerimenti molto concreti.
Le osservazioni meteorologiche si conservano nell’archivio degli Scolopi di Firenze. Accanto alle osservazioni meteorologiche si conservano anche la catalogazione della flora della zona di Urbino. Il professor Federico Mici, racconta con entusiasmo di essersi accodato, lui paludato professore di Università, al gruppetto di due o tre ragazzi che accompagnavano il Serpieri nella ricerca, è il caso di dire, sul campo. Di questa catalogazione il Serpieri si ricorderà nella lettera di congedo da Urbino del 21 ottobre 1884. Oltre le osservazioni meteorologiche quotidiane, la classificazione della flora dell’Urbinate e gli studi sui terremoti, non va passato sotto silenzio un avvenimento eccezionale: l’eclisse totale di sole del 20 dicembre 1870. E’ uno dei pochi casi in cui P. Serpieri si è mosso da Urbino. Fra l’altro il fratello Achille era prefetto di Reggio Calabria e la punta estrema della penisola era uno dei punti in cui era possibile una osservazione particolare.
Ecco come il Serpieri descrive nella sua Relazione il meraviglioso spettacolo:
“Nel momento stesso in cui brillarono le protuberanze, e un tratto, quasi con rapida proiezione con slancio fulmineo, emerse la gloria dei noti e misteriosi pennacchi, che insieme alla vaga festa di quelle vive fiammelle formarono uno spettacolo di ineffabile bellezza. Io sento che non avrei potuto contenere nell’animo la gioia di quel momento, se mi fossi abbandonato alle solenni impressioni di una scena tanto sublime e superiore ad ogni aspettazione.
E ben vale la pena di attraversare mari e monti per accogliere nell’animo così vaghe e maestose meraviglie, che sembrarono divina e sublime rivelazione.
Le molte persone che stavano contemplando all’aperto non videro generalmente le protuberanze rosate; ma tutte restarono stupite all’improvviso cadere di quella notte in pieno giorno, all’apparire di brillanti stelle e pianeti, e all’istantanea proiezione dei grandi pennacchi luminosi, che parvero magico fuoco di artifizio, o piuttosto novella e divina creazione nel mezzo dei cieli. Tutti furono in preda di vero e proprio entusiasmo, anziché di terrore, e fra molte enfatiche esclamazioni risuonò uno scoppio prolungato di applausi.
Sembrava una creazione totalmente nuova, piuttosto che una continuazione di ciò che prima era stato veduto. Così l’uomo si trova improvvisamente e senza alcuna preparazione in mezzo a una natura tutta nuova, cioè dinanzi a un nuovo cielo, a una nuova terra, a un nuovo universo; e perciò l’impressione che egli prova non ha l’eguale in tutta la vita, ed è grande, sublime, ineffabile”.
Disegno di padre Alessandro Serpieri dell’Eclissi totale di sole osservata il 22 dicembre 1870 da Capo Spartivento (RC)
Un avvenimento di per sé marginale, in questi anni, è il discorso su San Vincenzo de’ Paoli, del 23 luglio 1856. Però è da sottolineare la forza con la quale il Serpieri mette in risalto l’opera di San Vincenzo a favore dei poveri, numerosi nel 1600. Il discorso fotografa un coinvolgimento personale nella conferenza di San Vincenzo, fondata da Federico Ozanam, di cui aveva avuto testimonianza a Siena, dove ne era stato iniziatore e particolarmente attivo P. Tommaso Pendola.
- Serpieri ha riscosso dalla popolazione di Urbino la più incondizionata approvazione. Con la salita al potere della Sinistra di De Pretis, del 1876, anche a Urbino emergono gli elementi più anticlericali che votano la secolarizzazione del Collegio Raffaello. La secolarizzazione prevedeva due livelli diversi. Il primo, adeguare i programmi al modello statale, il secondo escludere dall’insegnamento gli insegnanti religiosi. A Urbino prevale la seconda linea, anche se, per opportunismo si era disponibili a chiudere un occhio sul P. Serpieri. Ma lui preferisce seguire i confratelli sulla via dell’esilio. L’ultimo suo scritto è il saluto a Urbino, con lettera al sindaco del 21 ottobre 1884.
“Col cuore commosso prendo commiato dal paese e ringrazio tutti di tutto. La memoria di Urbino non si cancellerà mai dal mio animo. Ho lavorato e sudato per molti anni, e non ho fatto male ad alcuno. Intento per professione allo studio della natura, avrò sempre dinanzi agli occhi questi ampi, sublimi orizzonti, questo limpido cielo, in cui ho studiato le leggi della Luce Zodiacale, in cui ho determinato alcuni radianti delle stelle cadenti, questo clima fecondo di ogni sorta di meteore che ho descritte per la scienza, questo suolo che mi svelava qualche legge sismica importante, questo vario e mesto paesaggio, di cui ho concorso a delineare la Flora. I miei studi sono legati al paese. E’ dunque veramente intimo e fraterno l’addio con cui ora mi diparto da Urbino e all’addio faccio volentieri seguire l’arrivederci”.
Il giorno stesso Serpieri parte per Firenze, Rettore di un altro collegio, la Badia Fiesolana. Non ha fatto in tempo ad ambientarsi a Firenze che il 22 febbraio 1885, dopo breve malattia, ha concluso la sua vicenda di scienziato, di Scolopio e, soprattutto di Educatore. L’ultimo atto dell’Educatore, per citare le parole del P. Giovannozzi:
“allora il suo cuore si rivolse a ciò che sulla terra aveva più caramente diletto, e volle sul letto di morte rivedere i ritratti de’ suoi convittori di Urbino”.
Più volte, parlando del Convitto, P. Serpieri aveva affermato che l’Educatore doveva accogliere i convittori col cuore di madre. Nella relazione del 1863 P. Serpieri ci dice che il Convitto
“deve tenere qualche somiglianza con la famiglia perché il convittore non provi la desolazione dell’abbandono, se non avesse trovato anche nel Collegio, nell’Educatore, l’amore e le cure di padre e di madre, il conforto di una nobile e inalterata bontà che lo animi a serbarsi leale e veritiero, subordinato e docile senza viltà, franco senza orgoglio”.
La Relazione del 1863 è la sintesi della vita e dell’ideale di Educatore che il P. Serpieri ha realizzato con coerenza di Scolopio, Maestro e Sacerdote.
La “Camerata dei Pascoli” presso il Collegio Raffaello