MOSTRA FOTOGRAFICA

L’abito non fa il genere

La presente mostra virtuale nasce da un progetto del Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG) dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

Su iniziativa del CUG, l’Ateneo urbinate nel luglio del 2022 ha bandito un concorso fotografico, aperto a studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo dell’Ateneo, per acquisire fotografie che mettano in discussione gli stereotipi di genere costruiti attraverso l’abbigliamento, con l’obiettivo di far emergere e dare visibilità a realtà che contrastano tali stereotipi (Decreto Rettorale n. 367/2022 del 19 luglio 2022).

Come previsto dal bando, una commissione giudicatrice – composta da Raffaella Sarti, Presidente del CUG, Giovanni Boccia Artieri, Prorettore alla Didattica, Comunicazione Interna ed Esterna, e Stefania Galli, Tiziano Vecellio Mancini e Alessia Ventani, componenti del CUG – ha valutato le foto, selezionando quelle da esporre nella presente mostra virtuale.

LE FOTO VINCITRICI

Le prime tre fotografie selezionate e inserite nella graduatoria di merito scattate da studenti hanno ottenuto un premio (rispettivamente di 300, 200 e 100 euro).

Le tre foto premiate, che aprono l’esposizione virtuale, sono:

PRIMA CLASSIFICATA

ALICE MAGNONI

Habitus

SECONDA CLASSIFICATA

ELENA CAMERINI

Ascoltami lo stesso

TERZA CLASSIFICATA

GLORIA MUSOMECI

Due riflessi dello stesso universo

PHOTOGALLERY

Eden di Cristina Borrelli - In quest’immagine si vuole “tornare indietro nel tempo” quasi, forse, all’origine del mondo. Tutti noi nasciamo nudi, a prescindere dal nostro sesso o dal nostro senso d’identità. L’abbigliamento e gli stereotipi sono sempre un fatto culturale. “Eden” evoca, quindi, il riaccostarsi a quella dimensione naturale entro la quale siamo tutti unici e uguali. Laddove ognuno costituisce una preziosa e particolarissima manifestazione della vita nella sua costante originalità.

Cieca apparenza di Andrea Castellan - Ogni uomo per quanto cerchi di nasconderlo o reprimerlo, ha in sé un lato nascosto, ma all'interno di una società, che si basa quasi esclusivamente sull'apparenza, tale lato non può essere rivelato. In questo preciso momento storico, in cui si sta facendo un piccolo e difficile passo verso l'accettazione di generi diversi, è giusto e doveroso che prima di cambiare prospettiva si accetti chi si è veramente. Per essere completo l'uomo deve riempire il proprio vuoto con una parte femminile. In questo modo si può liberare da una mentalità che incatena la mente e lo rende cieco di fronte all'accettazione e l'inclusione. Anche l'abito - in questo caso, una toga in stile romano - è stato riservato per molto tempo all'uso esclusivamente maschile; schiavi stranieri e donne non potevano indossarlo. Successivamente, il diritto ad indossare la toga fu esteso a tutti gli abitanti. Ogni persona ha l'irreprimibile facoltà di vestirsi come ritiene più opportuno. Se invece questo diritto viene negato, solamente perché un capo d'abbigliamento non rispecchia i nostri canoni estetici personali, non siamo diversi dai romani che vietavano l'uso della toga.

Genere? Umano.. di Aurora Sammarini - Oggi il nostro corpo ci permette di comunicare ciò che siamo e ciò in cui crediamo. E' un po' il nostro biglietto da visita, la via primaria di socializzazione. Con questa fotografia vorrei dimostrare che non sempre i canoni standard di bellezza sono in accordo con la libera espressione. Essere se stessi, nella propria individualità, consente di vivere appieno, oltre ogni superfluo giudizio, al di là di quelle che sono le categorizzazioni in "questo è da maschi, quello da femmine". Oggi è possibile ribaltare questa forma mentis ed essere davvero ciò che ci sentiamo di essere. La fotografia lo mostra bene, proprio in un momento di intimità, come può essere quello del riposo, siamo veramente fuori da ogni rigidità e filtro imposto dal sistema, che ci vuole in un certo modo. Esprimiamo davvero noi stessi oltre ogni costrizione.

Occhio al genere! di Lorenzo Temperini - La foto rappresenta l'unione di un occhio maschile a un trucco prettamente femminile, come l'eyeliner. La foto lascia un senso di incertezza sul genere del soggetto data la visione di un singolo particolare; da qui il titolo della foto: "Occhio al genere!" per evidenziare la possibilità di errore nell'associazione del genere al soggetto in foto, dati i preconcetti della società attuale. Il trucco è per tutti!

Giù l’armatura, la sera di Krizia Bracci - Slip maschili, assenza di reggiseno lasciato là sotto ciò che davvero conta: affermazione e ricerca del posto che spetta a tutti gli esseri umani, che hanno pari dignità. Una donna o un uomo che legge un libro: il genere non fa differenza. Quando si torna a casa, la sera, dentro le mura della propria casa ognuno ha la libertà di scegliere ciò che vuole essere senza costrizioni. E ciò per cui nuove generazioni devono lottare servirà a far cadere quell’armatura anche fuori da quelle mura.

Ermafroditismo moderno di Gabriele Bruni - Si narra la contrapposizione moderna tra maschile e femminile, riunite nella visione metaforica dell'ermafroditismo. Si vuole comunicare che si può scegliere di essere tutt* nello stesso corpo. Ciò va incontro comunque alla censura, nel mondo moderno, per il mondo femminile, ponendo l'arcaica e ancora presente questione della diseguaglianza. È l'incontro, l'unione di due sessi in un corpo e in un mondo che, ancora, non li riconosce. Il formato polaroid rimarca il processo di standardizzazione che omologa le soggettività.

Respira di Valentina Amico - Il soggetto della foto è la fasciatura del seno. Pratica usata per nascondere la forma più caratteristica della femminilità, così da rendere il corpo più mascolino sotto i capi di abbigliamento. Nonostante le bende che stringono il petto, quasi fino a togliere il fiato, l'anima respira. Respira perché quella curva del corpo femminile opprime, stringe e nasconderla e reprimerla significa fare un sospiro di sollievo e sentirsi liberi.

Divisione distorta di Davide Giorgini - Da sempre il costrutto sociale ha definito un modello di genere unico in funzione della collettività. Non riduciamoci ad una distinzione così netta, la complessità del genere non può essere contenuta in un armadio.

L'ora di scegliere di Letizia Berno - Quanto tempo sia donne che uomini perdono davanti a uno specchio o armadio per scegliere cosa indossare? Scegliere per piacere agli altri, rispettare gli stereotipi offerti dalla società o per imitare ciò che influencer o siti di moda propongono. Dimenticando l’unicità che un vestito può trasmettere, e il fatto che taglio o colori non hanno genere.

Don't judge me di Vanessa Petrini - In nome della cura e della semplicità di usare vecchi capi del sesso opposto come si vuole, dove si vuole, senza paura e mostrando se stessi con tutte le sfumature che ci caratterizzano.

Riflesso di donna di Martina Marion De Felice - L'idea celata nella foto è quella di produrre una riflessione su noi stessi. Il riflesso dei nostri specchi non sempre ci mostra la realtà. Specialmente gli specchi della nostra società appaiono sempre più illusori e ingannevoli. Ai giorni d'oggi il nostro riflesso appare sempre più distorto, falsato, e compromesso da una serie infinita di "norme" sociali. Infatti, come rappresentato nella foto, la nostra essenza e apparenza sono divise dall'omologazione sociale. Ormai il nostro riflesso non è più di nostro gradimento se non corrispondente ai canoni estetici sociali. Per questo una donna, in quanto tale, deve lasciar morire il riflesso di ciò che vorrebbe essere ed indossare piuttosto che toccare con mano la sua inconscia stereotipizzazione.

What I dress, what I feel di Alice Agostini - n questa fotografia sono ritratta allo specchio e vesto alcuni dei must (da sempre così considerati) dell’abbigliamento maschile; una giacca, una camicia e un classico berretto British style”. Ho voluto giocare con lo specchio, sdoppiando il soggetto e facendolo interagire con la sagoma riflessa. Il primo è di spalle, e veste abiti maschili, che dalla semplice sagoma danno l’impressione che sia effettivamente un uomo a specchiarsi. Guardando però l’immagine riflessa ci si rende subito conto della femminilità del volto, accentuata dal gesto del truccarsi le labbra con un rossetto. L’argomento in questione è l’identità di genere; una realtà in perenne mutamento che cambia in base alla percezione che ognuno di noi ha di sé stesso, andando ben oltre la classica divisione binaria dei sessi e riconoscendo persone, piuttosto che uomini e donne. Non è una semplice tendenza, ma lo specchio di un vero e proprio fenomeno sociale. Quello che voglio dire è che non esistono abiti che non possano essere indifferentemente usati da donne e uomini, come vuole dimostrare il soggetto femminile in questa fotografia vestendo abiti considerati tipicamente maschili. Ognuno di noi si veste per esprimere liberamente i propri stati d’animo e il proprio carattere: da qui la scelta del titolo, “What I dress, what I feel”.

Attraverso lo specchio di Cecilia Chiavarini - La foto è divisa in due sezioni, la sezione bianco e nero e la sezione a colori. Nella sezione in bianco e nero è rappresentato tutto quello che vuole vedere la società. Il senso di conforto nell'omologazione. Nella sezione a colori invece abbiamo il riflesso di quello che si vuole far vedere. Nello sfondo è rappresentata, invece, una bozza della bandiera "straight ally" realizzata con capi di vestiario maschili e femminili, ad indicare che alle spalle c'è il supporto senza pregiudizi.

Donna cravatta e pipa di Alessia Camilloni - Donna seduta su una sedia imbottita, osserva le sue colline fumando la pipa. Vestita con abito elegante a quadri bianco e nero; evidenzia di bordeaux, mocassini e cravatta e di rosso, le sue labbra. Donna di successo, rivive in quella terra le sue umili origini.

Stanca di sentire…‘È da uomo’ di Lucia Mosciatti - Davanti all’armadio stanca, di sentire: ‘quella tutona è da uomo’; ‘ma giacca e cravatta sono da uomo’.

Memento audere semper di Mariasofia Venturi - La fotografia ritrae la candidata vestita in abiti inconsueti, di stampo prettamente maschile, seduta su una scalinata.

Be your own freedom di Misia Bonaccorsi - Questa immagine descrive in breve la complessità che alcuni non notano, nel definirsi in un genere che sia uomo o donna. Lascia traspirare la libertà individuale: ognuno di noi può essere chi desidera senza dover limitare la sua personalità con dei costrutti sociali che per troppo tempo ci hanno influenzato.

Connessione tra passato e presente di Giorgia Palladini - La fotografia allegata qui di seguito rappresenta una donna degli anni '20. Lo sfondo che è stato ricreato vuole il più possibile raffigurare la quotidianità di quel tempo, non attraverso abiti femminili ma maschili. In quell'epoca l'eleganza femminile era legata alla corsetteria, al pizzo, al vestiario aderente e sofisticato perciò vedere una donna indossare quei capi sicuramente avrebbe fatto scalpore e provocato indignazione. In questo caso gli abiti scelti sono quelli da tutti i giorni di un uomo. Mentre il rossetto sbavato vuole richiamare la trasgressività della donna che attraverso l'abbigliamento vuole rappresentare la sua supremazia. Come negli anni ‘20, ancora oggi dopo un secolo i pregiudizi non sono cambiati e si associa sempre la persona e la sua personalità all’abito. Al giorno d’oggi una donna vestita troppo maschile potrebbe essere associata al suo orientamento sessuale o semplicemente non riconosciuta come donna. A differenza dagli anni ‘20 però la moda si sta sempre più rivoluzionando e le persone tendono sempre di più ad avere un proprio stile personale e non a seguire solo ed esclusivamente le tendenze. Bisogna tutelare le diversità e non farne una debolezza ma una forza e una propria personalità.

Modi di apparire e di essere di Francesca Tondo - La fotografia cattura un'espressione, un sentimento spontaneo, una figura a cui non importa della solita compostezza ed eleganza che una donna dovrebbe avere secondo la società, quasi come a imporsi prepotentemente, quindi, a quei pregiudizi sociali che condizionano i nostri modi di fare, che ci spingono ad apparire sempre perfetti e conformi.

Addoloratə di Yuri Tarquini - Il mondo cattolico rifiuta la fluidità di genere, eppure tra i suoi santi molti hanno scambiato una gonna per un paio di calzoni. Oggi voglio fare lo stesso, faccio lo stesso. Amen.

Labbra color cravatta di Arianna Fortini - Nella foto il soggetto è vestito con un mix di abiti maschili (cravatta e giacca) e abiti femminili (top, gonna e trucco); con questa unione il soggetto risulta maschile mantenendo però la propria femminilità e sensualità. Il titolo mette l'accento sul colore della cravatta, simile a quello del rossetto, evidenziando così come i due mondi (apparentemente diversi e distanti) si possano unire sotto un'unica caratteristica: il colore.

Nozze di viscosa di Adriana Valicenti - Il soggetto della fotografia è un matrimonio, quello con noi stess*. Una promessa di libertà; di vivere il nostro Essere come un abito comodo e leggero, come la viscosa. La foto d'epoca è un esempio di come i ruoli da generazioni sono stati incatenati alle apparenze, portando le persone a sentirsi come i fiori che fanno da cornice alla scena: belli da vedere, ma di fatto vuoti, sintetici come le immagini di sé che sono stati/e costretti/e a mostrare. La speranza è quella di poter finalmente sposare ogni piega di ciò che sentiamo di essere, senza la paura che questo venga definito da ciò che semplicemente "sembriamo". Beh, per quanto adori quel vestitino a fiori, mi sono proprio divertita con quel papillon!

Esperimento cruciale di Asia Furia - In una stessa foto, racchiusa la stessa persona, nella sua innata mascolinità e nella sua sociale femminilità forzata. Una riscoperta della sensualità nelle vesti maschili.

La verità e l'apparenza di Oxana Dubentsova - La fotografia, scattata in un ambiente domestico, senza l'utilizzo di ring light, vuole riprendere i temi della quotidianità e dell'influenza dei social sulla vita privata, soprattutto dei giovani e dei ragazzi. Su come la società spinge le persone ad apparire per acquisire popolarità virtuale ed aumentare il numero dei like. Inoltre fa un riferimento ben preciso alla figura della donna e di come una ragazza, pur essendo virtuosa e dai sani principi e valori, con una buona educazione e di buona famiglia, possa essere giudicata dalla società solo in base ad una foto o all'abbigliamento scelto, senza andare ad approfondire il perché o senza interrogarsi sullo stato emotivo che in quel momento una persona può vivere o attraversare. Si vuole mettere in risalto la facilità con cui le persone vengono etichettate per la loro apparenza e il modo di vestire, indipendentemente che siano uomini o donne, anche se il mondo femminile viene criticato sempre di più rispetto al genere maschile. Nonostante che si parli della parità dei sessi, purtroppo la discriminazione della donna esiste ancora ed è più forte rispetto agli uomini. La scelta del travestimento, infine, è stata voluta anche per riportare una testimonianza di una ragazza nonché una maestra di asilo che ho conosciuto diversi anni fa. La ragazza, allora 35enne circa, per accontentare il proprio partner e su sua esplicita richiesta si era vestita in modo provocatorio in un momento di intimità. Purtroppo dopo che la loro storia è finita, quegli scatti e dei tratti di video sono stati pubblicati in rete e sui social e molti genitori di quella scuola materna, che tra l'altro era ed è un istituto tuttora gestito dalle suore, avevano chiesto l'allontanamento di quella maestra dall'insegnamento, nonostante che tutti bambini la adorassero e fosse veramente brava nel suo lavoro, nel coinvolgere tutti i bambini nelle attività scolastiche e ricreative. La luce della foto, è volutamente una luce naturale, non violenta; attraverso di essa si vuole far emergere la natura innocua e romantica della figura femminile rappresentata, ma che ovviamente - se dovesse apparire così in pubblico - passerebbe subito per una donna dai facili costumi. In conclusione, si vuole sottolineare come spesso diventiamo vittime di una società che si basa solo sull'apparenza e sul vestiario di una persona. Ecco perché il famoso detto: "L'abito non fa il monaco" è sempre più attuale nella società moderna.

Indecisa di Alice Cairo - Nella sovrapposizione dell'abbigliamento, da sempre diviso in generi, la sfuggevolezza di un'identificazione precisa: prima canonicamente "donna", poi canonicamente "uomo", e poi di nuovo "donna", e poi ancora "uomo", in un'indecisione che racchiude la bellezza e il mistero della propria identità.

Volontà di essere di Aki Ibrahimi - Espressione della propria immagine, del voler esprimere se stessi oltre le convenzioni sociali e lasciare che il proprio corpo e l'abito non determinino mai il nostro genere, ma esprimano semplicemente ciò che ci sentiamo, aiutando a definire la nostra immagine.

He she they di Jonathan Ibrahimi - Rimini Pride 2022 - Rappresentare l'identità di genere, il nostro appartenere a qualcosa che ci identifica, che trascende ciò che è il nostro sesso biologico. Questa foto vuole rappresentare la spontaneità del momento nel sentirmi me stessa, a prescindere da ogni stereotipo o giudizio che tende a essere imposto da convenzioni e idealizzazioni sociali. Semplicemente essere.

Masho e Orso di Marco Matteucci - Rilassato sulle gambe dell’orso, fisso il cielo indossando la mia gonna in pelle, gli orecchini di perle e il basco in velluto. Tutto in perfetta armonia con la camicia a fantasia, il chiodo scamosciato, le scarpe di cuoio e con la gonna; coprono i miei polpacci due alti calzini bianchi rigati in cima. Infine, tenendo in mano la pochette, aspetto che il mondo si convinca che un uomo possa rimanere un uomo anche con una gonna e un paio di accessori, perché “l’abito non fa il genere”.

Abbi cura di te di Paride Landolfo - Quello che ho voluto rappresentare con questo scatto è un momento di normale quotidianità, così come lo è altrettanto il sentirsi liberi di manifestare la propria identità senza confini esprimendo e avendo cura di ciò che siamo e sentiamo.

Non chiamatemi signorina di Francesca Persichini - La moda e il genere sono costrutti sociali legati alla storia e alle menti, possiamo riscoprirli, cambiarli e reinventarli di continuo. Ogni volta che entro in un negozio, amo perdermi tra i colori e le forme degli abiti ignorando la separazione tra il reparto degli uomini e quello delle donne. Durante le sfilate di alta moda i maschi si infilano gonne da urlo, non mi è mai capitato però di afferrare una gonna in un reparto maschile. Spesso mi vesto per sottrazione: via il reggiseno, via il tacco, e allora alcuni protestano perché non mi valorizzo abbastanza. Spero che un giorno ognuno potrà camminare per strada con qualunque abito senza il terrore di essere giudicato, insultato, o peggio…ma quel giorno non è oggi. Chi osa oggi, lo fa con coraggio.

Il peso della società di Francesca Pia Bancone - Tu, che stai per cadere sotto il peso dei pregiudizi, ricerchi sempre quell'equilibrio necessario per poter vivere in una società che non è ancora in grado di accettare la Tua identità. - È un uomo? - È una donna? - Sarà omosessuale? - Peccato! Se solo indossasse qualcosa di più femminile, sarebbe più bella. - Ma dove va vestit* così? - È ridicol*! Quotidianamente, ci si imbatte in migliaia e migliaia di interrogativi ed esclamativi di questo genere che puntano, come una freccia, il dito contro, come se tu fossi sbagliato. Si cerca di restare in equilibrio nonostante il forte peso di questa "giacca" di pregiudizi e di stereotipi dettati dalla Società che ci sbilanciano nel nostro percorso. La società, la scuola e la famiglia inculcano sin da quando si è piccoli idee stereotipate sui ruoli maschili e femminili, comunicate attraverso l’abbigliamento, i comportamenti e il linguaggio, cercando di opprimere quella che è la Propria Natura, il Proprio Essere. Qualcosa negli anni è cambiato, ma sta avvenendo ancora troppo lentamente.

Salto nel vuoto di Ardiola Prifti - Il nero rappresenta l'assenza di colore, è associato a negatività, paura, ignoto. il bianco è formato dalla somma di tutti i colori, nella psicologia del cuore il bianco è il colore della purezza. Mettendo insieme questi due colori, che colori non sono, in una fotografia, emergono tutte quelle paure e incertezze con le quali cerchiamo di convivere tutti i giorni, la paura di non essere noi stessi o mostrarci e farci vedere per quello che siamo, semplicemente esseri umani a prescindere da come ci vestiamo o da cosa ci piace.

Come Napoleone di Antonella Lista - Io che mi autoincorono alla mia laurea.

L'impermeabile allo stigma di Mariano Nanocchio - Durante i miei scatti ho sognato potesse esistere, come appunto indico nel titolo, un tipo di vestiario che fosse impermeabile agli stigmi sociali. Ho composto questa foto mediante l'unione di due scatti eseguiti allo stesso soggetto, vestito con abiti sia prettamente maschili che femminili, per contrastare lo stereotipo di genere che la società affida al nostro modo di vestirsi; io penso che indipendentemente dal sesso e dal tipo di orientamento sessuale ognuno è libero di vestirsi come vuole, aldilà degli stigmi imposti dalla nostra società.

Diamo un calcio agli stereotipi! di Giulia Scalise - Essere una donna con la passione per il calcio non è per nulla semplice. Sin da bambina vedevo i miei amici maschi liberi di sfoggiare il loro completino da calcio perché ritenuto adatto al loro genere, mentre per me era impensabile anche solo volerlo acquistare. Mi sono sempre sentita dire che il calcio è un gioco unicamente maschile, e che indossare vestiari associati ad una squadra calcistica non è appropriato per una ragazza. Maturando ho capito che nulla ha un genere definito, e che niente e nessuno può influenzare il modo altrui di vestire. Ho pensato quindi che per lanciare al meglio il messaggio del concorso fosse perfetto l’accostamento della divisa del mio club preferito, assieme a dei tacchi altissimi, completando il look con un trucco ed un rossetto appariscente, da sempre considerati sinonimo di femminilità, a sottolineare quanto non siano degli stereotipi a definirmi.

Stile sportivo di Yoro Menghi Ndiaye - Nello sport, e non solo, sono le tue azioni e il tuo impegno a definire chi sei.

Un assist contro gli stereotipi di Anna Lisa Messina - La foto vuole dimostrare come sia fondamentale combattere gli stereotipi, sempre: la strada da percorrere è ancora lunga nonostante i numerosi passi avanti. Questo esempio del calcio vuole rappresentare come ci debba essere un'uguaglianza e non una discriminazione. Il calcio non è "roba" da maschi, perché lo sport non deve prevedere barriere o limiti relativi al genere.

Abbiamo parcheggiato in strada e litigato col vento di Giulia Staffolani - La fotografia ritrae il soggetto nella campagna Toscana, immersa nella natura e nei caratteristici cipressi. Ispira un senso di libertà, poiché, al posto di un vestito fiorato, il soggetto indossa dei pantaloni cargo, anfibi scuri e un paio di occhiali neri.

Libertà di Denis Rosati - Pensando agli stereotipi di genere costruiti attraverso l'abbigliamento, la prima cosa che mi è venuta in mente è l'attribuzione del colore rosa per le femmine e blu per i maschi. Cosa che ci viene attribuita sin dalla nascita e che, facendoci caso, vediamo ovunque. Anche se ormai al giorno d'oggi non è più così scandaloso vedere un ragazzo vestito di rosa, conosco molti ragazzi che evitano di indossare tale colore per non essere associati al sesso opposto, ed è per questo motivo che ho voluto indossare una camicia rosa. Inoltre la vespa non è solo una mia passione e un mezzo per arricchire la fotografia, ma vuole rappresentare lo spirito di rivoluzione verso l'abbattimento degli stereotipi di genere nel vestiario, essendo essa un mezzo che ha fatto parte di tante rivoluzioni (da quella dei trasporti a quella dei giovani degli anni 70-80). Infine, ho intitolato la foto ""Libertà"", la sensazione che mi trasmette e che spero possa trasmettere a tutti coloro che la guardano, specialmente alle persone che non si vestono come vorrebbero per paura dei pregiudizi e degli stereotipi.

Tornando a casa di Luca Polidori - Sotto la bianca neve siamo tutti uguali

Io che faccio mio papà di Giorgia Pari - Come mio papà ha fatto con il suo, tiro su le maniche per costruire insieme la nostra casa.

Verdesperanza di Patrizia Bastianelli - Momento di relax dopo una sessione di meccanica su auto d'epoca.

Callida iunctura di Pascal Pavanelli - Nello scatto realizzato per questa iniziativa, incentrata sul voler mettere in luce realtà in contrasto con gli stereotipi di genere, ho deciso di immortalare un luogo e un certo tipo di abbigliamento che per me contengono in maniera intrinseca una rottura con quello che viene "legato" allo stereotipo. L'officina, dove passo le mie giornate. Questo luogo, infatti, porta con sé una necessità che rimuove il "genere" dal concetto di vestiario, andandolo a sostituire con la priorità della funzione. Non importa più cosa qualcuno indossi sotto il proprio grembiule, sotto la propria tuta da lavoro, l'importante è la funzione principale che deve essere mantenuta, la necessità di essere protetti da schizzi d'olio e la libertà di potersi muovere in mezzo a ingranaggi e attrezzi. Sotto questi strati ognuno si trova liber* di essere se stess*, creando così, contro ogni aspettativa, un'oasi dove chiunque è libero di essere, nonostante i preconcetti di genere legati ad un luogo come l'officina.

Eleganza e ardore di Sofia Fiorani - Non siamo solo mogli e compagne fedeli, mamme premurose, cuoche esperte… possiamo fare qualunque cosa… perfino andare nello spazio. Lo abbiamo dimostrato! Sappiamo indossare i tacchi ed essere eleganti e sensuali ma se occorre o lo desideriamo, non abbiamo paura di sudare, ci rimbocchiamo le maniche per raggiungere l’obiettivo.

Come se di Marina Bove - Nel posto in cui sono nata molte cose sono prestabilite a priori. Se sei uomo porti i pantaloni e fai il giardiniere, se sei donna porti il reggiseno e fai da mangiare. Se sei uomo stai con le donne, se sei donna stai con gli uomini; se non sai cosa sei, allora non sei nessuno. E se non vuoi essere, sarai più di tutti gli altri.

Tacco 12 e pistola calibro 21 di Lucia Urbinati - Nel mio ambito lavorativo mi piacerebbe portare il tacco 12.

Senza identità di Maria Giulia Pro - La foto rappresenta una persona divisa. Alla destra è poggiata sull’aspirapolvere, come se fosse il suo pilastro; il filo esce dall’inquadratura proprio perché l'aspirapolvere ha sempre fatto parte della vita della donna come una cosa imprescindibile. Non a caso, però, si vede la porta, che rappresenta la sua possibilità d’uscita. Proprio per questo, dall’altra impugna una valigetta, che sta ad indicare la volontà di lasciare la casa e quindi di entrare a far parte del mondo del lavoro. Nonostante indossi ancora le pantofole, non è vestita da casa. Sopra, indossa una tipica camicia maschile, celeste a righe bianche, infilata all’interno di una gonna nera, anch’essa con le righe bianche che però ha ancora il cartellino, proprio perché essendo questo un indumento tipicamente femminile non sente più suo, ma d’altra parte anche la camicia è abbottonata tutta ed è all’interno della gonna, come se fosse sottomessa allo stereotipo femminile che la prevarica. Come si vede nello sfondo, l’armadio è vuoto, proprio perché non sa più chi è, quindi che senso avrebbe comprare altri vestiti? Il viso sfocato è voluto. Non è uno sbaglio, anzi è l’elemento più audace nel suo sentirsi senza identità. I vestiti sono il mezzo che ci aiuta ad esprimere chi siamo. Privarci di questa possibilità ci fa perdere la nostra identità.

Uguali nel fango di Michela Gaudenzi - Due lavoratori nel fango, un uomo e una donna, una madre e un figlio. Fatica, raccapriccio, sgomento: stessi sentimenti dentro quegli stivali. E il fango ingloba tutto.

Intimi contrasti di Simone Buratti - La fotografia aspira a mettere in risalto l'intimità della coppia, di cui, in questo caso, viene evidenziato l'ossimoro tra gli ideali mascolinità e femminilità grazie all'abbigliamento intimo. Le strette calze femminili dell'uomo stanno a simboleggiare gli stringenti canoni di virilità e mascolinità che gli impongono continue dimostrazioni di forza, vietando l'ammissione delle sue vulnerabilità, che in questo caso vengono messe a nudo nell'intimità della vita di coppia. La donna veste invece l'intimo tipicamente maschile, volto a rappresentare la forza femminile nascosta, necessaria a rispettare tutti i ruoli che la società le impone; dalla donna in carriera alla casalinga, passando per la madre affettuosa.

Il/la Signor* Nessun di Aurora Benedetti - Nemmeno madre natura può indicare il giusto genere per qualsiasi tipo di frutto... in questo caso partendo da una semplice banana, che rimanda all' organo maschile... e da una pesca, che rimanda a quello femminile. Chi siamo allora noi, per poter giudicare? L' abito non fa il genere. Nemmeno della frutta.

All together now di Aurora Righetti - La fotografia è stata scattata nei bagni dell'Università di Trondheim, in Norvegia. E' bello pensare che, in un'università, ci si possa sentire accolti per chiunque si voglia essere. Nell'immagine c'è anche un alieno: secondo me, è lì per ricordarci dell'intersezionalità di quest'idea. Possiamo essere alieni, umani, transgender, disabili, norvegesi o stranieri, ma nessuno di questi aspetti delle nostre identità dovrebbe andare a ledere i nostri diritti, a partire da quello primario di andare al bagno.

Habitus di Alice Magnoni - La foto che ho scelto per il concorso "L'abito non fa il genere" è una foto che rappresenta una ragazza. Lei è intenta a vestire la sua bambola, di genere femminile, in maniera seria. E' incurante del fatto che la stia vestendo o meno da uomo o da donna. L'idea iniziale infatti era quella di evidenziare un passaggio generazionale e di sottolineare il fatto che se una società non impartisse "regole" nascoste già da quando siamo molto piccoli, forse si tenderebbe meno a giudicare "dall'abito". Volevo proprio partire dal periodo dell'infanzia, quando ad esempio i bambini vengono vestiti o di rosa o di blu in base al genere, insegnando che anche i colori sono da maschi o da femmine. Ho voluto giocare anche con il titolo perché la parola "habitus" ha tantissimi significati. Uno di questi è: "un insieme di caratteri morfologici o di comportamento di un individuo". Per Aristotele costituisce "un sistema di disposizioni durabili e trasferibili". Non solo questo però, ha anche altri significati che accompagnano le persone che vogliono interpretare questa foto in maniera diversa; in sociologia significa uno spazio sociale che permette di avere la stessa percezione delle pratiche sociali tra i componenti di una società. Questo titolo dà spazio a vari scenari mentali, tutti validi per questo tema che personalmente trovo molto importante, sia a livello individuale che a livello sociale.

Due riflessi dello stesso universo di Gloria Musomeci - Viviamo in un mondo in cui, per la società, siamo quasi costretti a costruire un'immagine di noi che non corrisponde al nostro vero Io. Spesso è difficile guardarsi allo specchio e riuscire a cogliere quella che è la nostra essenza, ma non è impossibile.

Ascoltami lo stesso di Elena Camerini - Capita spesso, in quanto donne, di non essere prese sul serio per il semplice fatto di essere donne. Questo è aggravato da cosa stiamo indossando nel momento della conversazione, se è considerato più o meno appropriato dall'interlocutore. Allora ci troviamo a cercare di entrare nei panni di chi ha sempre l'attenzione su di sé: l'uomo. Ma la donna non deve diventare ciò che non è per poter essere presa in considerazione, dobbiamo essere in potere di mantenere la nostra identità. In questa foto indosso i vestiti di mio padre, che mi stanno grandi in quanto non i miei.

L’ordine delle foto riportate nella photogallery non rispecchia la classifica ma è stato deciso dal CUG al fine di creare un percorso tematico. La graduatoria, pubblicata con Decreto Rettorale n. 15/2023 del 18 gennaio 2023, è visibile al sito https://www.uniurb.it/concorsi/6484.